Il musicista, un lavoro come un altro
Di Gepy – alias Gepy & Gepy, morto ieri a 67 anni – sentivo parlare spesso, con un certo distacco, ma anche con rispetto, da un bassista-sassofonista rock amico mio, che viveva al piano di sotto della stessa palazzina a Montesacro Alto, Roma. Mi diceva che fosse un tipo appartato, schivo, chiuso, interamente dedicato alla sua musica e anche con un’alta opinione di se stesso. In tv si fece vedere solo per un breve periodo di tempo, titolare di qualche sprazzo di morbida pop dance, ormai 30 anni fa, poi più niente. Non apparteneva a un genere musicale particolare, ma era uno di quegli artigiani della produzione e della composizione di cui la scena romana non è mai stata avara – stesso discorso che valeva, ad esempio, per Mike Francis: un altro che se n’è andato presto. Personaggi di una scena che col tempo si è dissolta, e nella quale di musica si poteva vivere, senza neppure cercare troppo la popolarità, ma soltanto sapendo il fatto proprio e mettendolo onestamente sul mercato del pop. Appunto come fosse un mercato rionale, tipo quello grande del vicino Tufello.