L’uomo che rivedrà in televisione la sua morte
È difficile non essere retorici parlando di Christian Eriksen che fa tre passi e, mentre il pallone gli rimbalza sullo stinco, crolla a faccia in giù. Il telecronista dice Oddio, la stessa cosa la pensano e dicono in tanti guardando gli occhi fissi, spenti che non osservano nulla. Christian era alle porte dell’aldilà, ha detto il medico della Nazionale danese, sentivamo il polso e poi a un certo punto il battito del cuore, semplicemente, non c’era più.
Ecco la cosa incredibile di questa storia: Eriksen potrà rivedersi, o forse si è già rivisto, alle porte dell’aldilà. È un privilegio e una maledizione. Rivedrà i suoi tre passi incerti, i suoi occhi vivi guarderanno il suo sguardo morto. Vedrà il massaggio cardiaco e l’arrivo del defibrillatore, il suo corpo che scatta dopo la scossa elettrica. Vedrà i suoi compagni di squadra piangere, in una trasmissione differita della sua morte che poi non c’è stata. Vedrà la sua compagna Sabrina piangere abbracciata dai compagni di squadra. Non capita mai a nessuno rivedere gli istanti della propria morte. O, in questo caso, della quasi morte. Come si vive dopo? Eriksen le rivedrà ancora e ancora? Rivedrà gli spettatori che piangono e cosa penserà guardando quelle lacrime? E, come in un film dal finale incerto, tirerà un sospiro di sollievo quando i suoi occhi incroceranno i suoi stessi occhi di nuovo mobili e vivi ma increduli e spaesati, mentre su una barella, dopo aver richiuso le porte dell’aldilà, lascia il campo di gioco?