Lo ammetto, porto voti a Salvini

Continuate così, al prossimo giro Salvini prende il 70%. Lo sento dire in continuazione, lo leggo dappertutto. La Sea Watch arriva a Lampedusa? Bravi, così Salvini aumenta i voti. Vi mettete la maglietta rossa? Figuriamoci, tutti voti per Salvini. Lilli Gruber fa qualche domanda al ministro? Continui così che la Lega farà il pieno di voti.

Insopportabile.

Com’è possibile pensare che ogni azione, ogni presa di posizione, debba essere adattata, spalmata su Salvini? Guarda che se respiri o muovi un dito, Salvini vince. E allora va bene, facciamogli avere pure il 70% dei voti, se così deve essere così sia e chissenefrega. Io non rinuncio a dire che per Carola Rackete, comandante della Sea Watch, nutro un affetto istintivo e incondizionato e che per me Gad Lerner può mettersi in abbinamento quante magliette rosse e quanti Rolex vuole e anche di questo chissenefrega.

Questa tattica di stare fermi e sdraiati, invisibili, per non portare voti agli altri crea danni e oltretutto mette tristezza (vedi il panico la scorsa legislatura anche solo a ipotizzare la discussione in parlamento sullo ius soli. Tutti voti per Salvini, dicevano, che poi sono arrivati lo stesso, anche senza ius soli).

E già che ci siamo: che la smettano anche con questa enormità che si legge qua e là: un tempo Salvini era del Leoncavallo. Ma quando mai? Ma chi se l’è inventata? Salvini è sempre stato ciò che è oggi. Semplicemente, un giorno Umberto Bossi, inventandosi il parlamentino padano disse: «Qualcuno deve fare la sinistra, dai Matteo, la fai tu». Così come al campetto ci si divideva per formare le squadre di calcio di un torneo e poi ci si mischiava pure. Durò pochissimo, è rimasta questa leggenda metropolitana di Salvini che un tempo era un ragazzo di sinistra. Ma forse anche questo non si può dire perché gli porta voti.

Stefano Nazzi

Stefano Nazzi fa il giornalista.