Gli ultras e quel giornalista Rai
C’è parecchia indignazione sui giornali per i cori della curva veronese che a Livorno inneggiavano alla morte di Piermario Morosini. Indignazione giusta, dovrebbe esserci un’incazzatura generale. Qualcuno propone di squalificare il Bentegodi, lo stadio dell’Hellas Verona. Bene, che aspettano? L’arbitro ha sentito quei cori? Se sì, perché non ha sospeso la partita? E i giocatori, ce n’è uno che abbia detto qualcosa? Sono trent’anni che dalla curva dell’Hellas Verona partono slogan nazisti e razzisti, i saluti romani si sprecano. Un’ondata di indignazione simile ci fu un bel po’ di anni fa, nell’aprile del 1996 quando dalla curva del Bentegodi le Brigate gialloblu fecero penzolare un manichino di colore impiccato: negro go away c’era scritto su uno striscione. La curva protestava per il possibile acquisto da parte dell’Hellas di Michel Ferrier, giocatore olandese di colore. Che cosa fece la società? Proibì l’accesso allo stadio dei responsabili? No, rinunciò all’acquisto del giocatore. Sono storie che si ripetono da sempre. Ogni tanto interviene la magistratura. Il magistrato Guido Papalia firmò l’ordine d’arresto per alcuni esponenti della curva che avevano ideato e messo in pratica la manifestazione razzista. Da allora e per anni Papalia è stato oggetto di cori violenti da parte dei tifosi della curva.
È uno schema che si ripete da sempre, invariato. E non solo a Verona, ovviamente. Ci sono indagini, denunce. Ma da parte dei club, nulla, tranne qualche sporadica eccezione. Lo stesso vale per la Federazione, la Figc. Niente a che vedere con l’Inghilterra dove i cori razzisti non sono più tollerati: prima ancora di qualsiasi denuncia i club impediscono l’accesso allo stadio a chiunque provi solo a pronunciare un insulto di stampo razzista. Anche in Inghilterra ci pensano gli italiani, comunque. Il 20 settembre i tifosi della Lazio in trasferta a Londra per la partita con il Thottenham si sono distinti per i cori continui contro i giocatori di colore. La Lazio si è beccata 40.000 euro di multa.
Già le aspetto le obiezioni: non bisogna generalizzare, non tutti gli ultras sono così. Vero, ma quello che emerge sempre più prepotentemente è l’indulgenza dei club nei confronti di quelle curve in mano a bande criminali. Il 20 settembre i capi della curva sud del Milan sono andati a Milanello per incontrare i giocatori e “invitarli” a un maggiore impegno. Sono stati accompagnati a incontrare i giocatori (ci provi un tifoso normale, se ci riesce). Tra loro c’era anche quel capo della curva sud che durante il derby del 2009, nel corso di una spedizione punitiva al primo anello, spappolò con un pugno l’occhio a un tifoso interista che era lì con il suo bambino. Ci fu un processo, il boss della curva sud venne condannato, insieme ad altri: fu stabilito un risarcimento di 140 mila euro, mai versato. La moglie del capo ultras, in aula, urlò a Virgilio Motta, il ragazzo che aveva perso l’occhio: «Quei soldi te le devi spendere tutti in medicine, infame». Non c’entrerà forse nulla, ma Virgilio Motta si è suicidato il 24 maggio scorso.
Non cambierà nulla finché le società non la smetteranno, per paura e convenienza, di stringere accordi con i gruppi più estremi del tifo organizzato. Certo, c’è ben poco da sperare se durante un servizio del Tg regionale del Piemonte un giornalista della Rai si permette di chiedere a un tifoso juventino se i tifosi napoletani si riconoscono dalla puzza. Proprio così, l’ha chiesto davvero.