Milano, la paura di un quartiere
Largo Camillo Caccia Dominioni è nella zona Sud di Milano, non lontano dal raccordo per l’autostrada che porta a Genova. È al centro del quartiere Antonini, quartiere popolare, come ce ne sono altri a Milano. Quartiere popolare degradato: così venne definito sui giornali l’11 ottobre 2010. Il giorno prima un tassista, Luca Massari, era stato massacrato di botte per aver investito un cane che aveva attraversato la strada. La proprietaria del cane, Stefania Citterio, iniziò a urlare come un’ossessa: grida, insulti, minacce. Suo fratello Piero colpì Massari con calci e pugni. Ma fu Michel Morris Ciaravella, il fidanzato di Stefania, a colpire il tassista con un pugno che lo mandò a rompersi la testa contro il marciapiede. Massari restò in coma un mese, morì l’11 novembre.
Michel Ciaravella ha scelto il rito abbreviato, è stato condannato a 17 anni di carcere. Ora è in corso il processo ai due fratelli Citterio, il pm Tiziana Siciliano ha chiesto 23 anni per lui e 21 per lei. Stefania Citterio toccò appena Massari, suo fratello Piero lo colpì ma non fu lui a dare il pugno che lo uccise. È un processo in cui compaiono e forse si scontrano responsabilità di fatto e responsabilità morali. Ha detto il pm nella sua requisitoria che senza le urla di Stefania Citterio, «che sembrava una Erinni» non sarebbe probabilmente accaduto nulla. Gridava «Ti ammazzo». Qualcuno l’ha fatto per lei. Anche Piero urlava «Dov’è che l’ammazzo?» Ha detto ancora il pm che le urla «Ti ammazzo» in quel quartiere dove non esistono regole fu «come togliere la linguetta a una bomba a mano».
Nei giorni seguenti all’aggressione Piero Citterio bruciò l’auto di un testimone e prese a bastonate un fotografo che scattava foto in largo Caccia Dominioni. Ha detto il pm alla giuria: «Se non condannate i due Citterio per omicidio vorrà dire che non hanno fatto nulla». Ma non c’è solo la posizione dei due imputati in questo processo. C’è di più, c’è un quartiere che osserva, nascosto. Il quartiere Antonini non è Scampia, eppure conosce bene omertà e paura. Al processo per la morte di Luca Massari erano stati convocati 17 testimoni, se ne sono presentati quattro, in 13 hanno inviato certificati a giustificare l’assenza. Ha detto un testimone: «Se il quartiere mi indica come un collaborante, me la paga lei la macchina che potrebbero bruciarmi?». Ha detto un altro abitante di largo Caccia Dominioni: «Qui la gente si fa i fatti suoi». Questo succede a Milano, ex capitale morale d’Italia, maggio 2012.