I giardini Fausto e Iaio
I giardinetti di piazza Durante, a Milano, si chiameranno giardinetti Fausto e Iaio. Lo sta decidendo la Giunta in questi giorni, l’inaugurazione sarà il 18 marzo. Sono passati 34 anni, una vita. L’Italia è profondamente diversa da quella di quei giorni, nessuna verità processuale è mai stata scritta. Erano quasi le otto di sera, sabato: Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci si erano dati appuntamento, dovevano andare a cena a casa di Fausto, il sabato la mamma faceva il risotto. C’è un lungo muro in via Mancinelli, non si può scappare. Una testimone disse di aver visto tre uomini, due avevano impermeabili chiari, il terzo un giubbotto di pelle. Si avvicinarono a Fausto e Iaio, dissero qualcosa e iniziarono a sparare: otto colpi calibro 32. Iaio morì subito, Fausto agonizzò fino all’arrivo dell’ambulanza. Avevano 18 anni. Ci sono le foto, si trovano in rete, di loro a terra, in via Mancinelli, il sangue che si allarga. Attorno alle pistole gli assassini avevano sacchetti di plastica, per raccogliere i bossoli.
Quel giorno Fausto era stato al parco Lambro, Iaio in centro con la ragazza. Erano due come noi, come decine di migliaia di altri. Le partite di calcio all’oratorio, le canne a Parco Lambro, i Led Zeppelin e i Pink Floyd, qualche sera al Leoncavallo, che era proprio girato l’angolo di via Mancinelli. Di sinistra, molto, ma senza essere di nessun gruppo. Cani sciolti, si diceva allora. Erano due normalissimi diciottenni di Milano nel 1978. Forse per questo, soprattutto per questo, in tanti abbiamo ancora i loro nomi come tatuati dentro. Fausto e Iaio eravamo noi.
Era un’Italia cupa e attonita quella del 18 marzo 1978, due giorni prima le Brigate Rosse avevano rapito Aldo Moro, tutto sembrava immobile, in attesa. Poi quegli otto colpi. La polizia ci provò subito: «Un regolamento di conti», dissero. Era una follia. Arrivò una rivendicazione dai Nar, a Roma, Brigata Franco Anselmi. Franco Anselmi era un militante fondatore dei Nar che 12 giorni prima era stato ucciso durante una rapina a un’armeria, a Roma. Ci furono giorni di una rabbia sorda e inespressa. Ai funerali le mamme di Fausto e Iaio non vollero striscioni, c’era un enorme oceano di gente che passava davanti a quelle bare, sul sagrato della chiesa del Casoretto. Il Pci aveva chiesto ai propri militanti di non partecipare, di restare in fabbrica. Troppa tensione per il caso Moro, troppo pericolo. La gente urlava, e rimbombava fino a piazzale Loreto e lungo corso Buenos Aires: «Ieri per Moro eravate qui, oggi dove siete bastardi del Pci». «Bastardi del Pci». Eppure di operai ce n’erano tanti, erano usciti dall’Innocenti, dall’Alfa Romeo, erano lì, al Casoretto.
Che fossero stati i fascisti nessuno ebbe mai dubbi, nemmeno la polizia. Fascisti arrivati da Roma. Non sarebbe stata l’unica volta: Valerio Fioravanti ha raccontato che i Nar arrivarono in trasferta a Milano per uccidere Andrea Bellini, che allora era un leader dell’Autonomia milanese. Ma perché il 18 marzo? Perché Fausto e Iaio? Ci sono state inchieste di persone che hanno lavorato duro per ricostruire quello che era successo. Giornalisti come Umberto Gay, come Daniele Biacchessi. Ci furono tante piste, tutte raccontate, tutte forse sensate. Ma la più concreta di tutte porta a Cremona e poi a Roma, porta a quell’area di terrorismo fascista diffuso che gravitava tra i Nar e Terza Posizione senza farne ufficialmente parte. Porta anche ad alcuni nomi. A quelli di Massimo Carminati e di Mario Corsi.
Oggi Corsi a Roma è famoso perché da una radio conduce programmi da supertifoso romanista. Nel 1978 venne arrestato, a Roma, per l’agressione ad alcuni militanti di sinistra. A casa sua la polizia trovò foto di Fausto e Iaio e dei loro funerali. Lui disse di averle prese dall’archivio di uno zio giornalista a Cremona. Angelo Izzo, all’ergastolo per la strage del Circeo e per altri due omicidi, disse di aver ricevuto una confessione telefonica dallo stesso Corsi. Ma Izzo, a dire la verità, non è mai stato uno attendibile. Il 6 dicembre 2000 il giudice per le indagini preliminari Clementina Forleo emise il decreto di archiviazione. C’era scritto: «Pur in presenza di significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva e in particolare degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite indiziario e ciò soprattutto per la natura del reato delle pur rilevanti dichiarazioni».
Sono passati 34 anni, ci saranno i giardini Fausto e Iaio. Chi a Milano visse quei giorni di rabbia si è perso in mille rivoli. Siamo pacifici, pacificati. Ma su Fausto e Iaio no. I loro assassini li odiamo ancora, li odieremo sempre.