Il detenuto Mora Dario, detto Lele
Proviamo a separare il nome dal volto, dalle amicizie, dalle frequentazioni, dal ruolo. Proviamo a pensare che Dario Mora, detto Lele, è un uomo detenuto nel carcere di Opera dal 20 giugno scorso. Venne arrestato per bancarotta fraudolenta della sua società, LM Management, fallita nel giugno del 2010 con un buco superiore agli 8 milioni di euro. A novembre ha patteggiato una condanna a quattro anni e tre mesi. In questi mesi ha perso oltre 30 chili, i suoi difensori hanno chiesto che gli vengano concessi gli arresti domiciliari per le sue condizioni di salute. Sta malissimo, dicono.
Bisogna separare il nome dal volto, dal ruolo perché è vero quello che ha scritto Pierluigi Battista sul Corriere della Sera: Lele Mora ispira a molti, moltissimi, antipatia automatica. È simbolo di un mondo che la maggior parte d’Italia si vuole definitivamente lasciare alle spalle, quello dei festini e delle ragazze sfruttate-pagate-consenzienti, quello del Bilionaire on the Beach sulla spiaggia di Cala del Faro, un luogo protetto, bellissimo, amatissimo dalla gente del luogo che improvvisamente si riempì degli scorrazzamenti di veline e tronisti. Lele Mora è simbolo e capro espiatorio di un’epoca disastrosa. È quello che al telefono urlò a Corrado Formigli «comunisti di merda, spero che vi spezzino le gambe». È vero, Lele Mora è tutto questo. Però è anche un detenuto che sta male, parecchio male. E il fatto che sia odioso non c’entra nulla. È un detenuto, sta male, e questo non dovrebbe succedere.
La situazione è questa: i legali di Mora hanno impugnato la misura cautelare davanti al tribunale del Riesame che si è riunito il 21 dicembre ma depositerà la propria decisione dopo il 4 gennaio (gli avvoicati però hanno oche speranze). Finora i pubblici ministeri si sono opposti alla concessione dei domiciliari perché Mora non avrebbe mai dimostrato una “volontà risarcitoria”. In pratica i magistrati sarebbero convinti che Mora abbia nascosto all’estero una montagna di soldi che potrebbe utilizzare delegando a qualcuno la firma sui conti. Così facendo il risarcimento per i creditori si allontanerebbe ancora di più, anzi la possibilità svanirebbe proprio. Lui nega e dice di non avere più un solo euro.
Poco prima di Natale è girato un sms, mandato a 700 persone soprattutto del mondo della televisione in cui a nome di Mora si dice: “Sapete quale sarebbe il regalo più grande? Tornare insieme a voi, se potete fate questo inviando un contributo a questo comitato…”. Poi una frase che sembra un messaggio: “Quando ho potuto ho condiviso con voi business e divertimenti”. Intanto è in corso una perizia, disposta su richiesta della procura, che dovrà stabilire se le condizioni di Mora sono compatibili con il carcere.
Noi da fuori non possiamo sapere se e quanto Lele Mora stia male. Chi lo ha visto dice che è un uomo a pezzi, completamente assente. Se è così, se davvero sta così male, sarebbe giusto che i magistrati facessero qualcosa (come sarebbe giusto, anzi indispensabile, che questo governo mettesse mano alla situazione infame delle carceri italiane). E questo non c’entra nulla con il giudizio che ognuno di noi può dare sulla persona né con la condanna che Mora ha già patteggiato.