Genoa-Milan non è una partita come le altre
Chi ha visto venerdì sera Genoa-Milan in tv sa che è successo qualcosa fuori dallo stadio. Tafferugli, dicono i giornali. La curva genoana ha aspettato l’arrivo dei milanisti e li ha accolti con sassi e bottiglie. È un fatto: Genoa Milan non sarà, ancora per molto tempo, una partita normale. E non per il risultato, ma per una data: 29 gennaio 1995. Quel giorno, fuori dallo stadio di Marassi, dalla parte della curva nord, un ragazzo genoano di 25 anni, Vincenzo Spagnolo, venne accoltellato a morte da un altro ragazzo, uno della curva sud milanista. Quello che accadde quel giorno è ormai storia giudiziaria, ma è anche la storia di una delle curve più antiche e famose d’Italia, quella del Milan. A uccidere con una coltellata al cuore Vincenzo Spagnolo fu Simone Barbaglia, 18 anni. Faceva parte di un gruppo che si era staccato dalle Brigate rossonere anche, e soprattutto, per motivi politici. La curva rossonera aveva allora una forte componente di sinistra, così almeno era per le Brigate rossonere. Chi diede vita alle Brigate 2 aveva invece simpatie per la destra radicale ma, soprattutto, ideologizzava lo scontro sempre e comunque, a tutti i costi. I suoi leader tra l’altro non assomigliavano molto alla classica figura del tifoso della curva: venivano della buona borghesia milanese, studenti di architettura o di lettere. Il loro capo indiscusso (lo chiamavano “il chirurgo”, per l’uso continuo del coltello) è oggi un affermato commercialista milanese. Quel giorno a Genova erano andati per conto loro, non con il treno ufficiale dei tifosi ma su un treno normale, senza sciarpe o altro materiale che potesse distinguerli. Puntarono subito verso la curva nord genoana e dietro i capi c’erano, come sempre, decine di ragazzini. Barbaglia era uno di loro. Fu condannato a 14 anni e otto mesi, oggi è libero. Molti capi delle Brigate 2 patteggiarono pene tra i cinque mesi e un anno, “il chirurgo” venne condannato a due anni. La Procura generale di Genova chiese invano che venisse processato anche lui per omicidio volontario.
Dopo l’omicidio di Spagnolo, le varie curve d’Italia cercarono di parlarsi, di discutere su quello che era successo. Venne anche indetta, a Genova, un’assemblea, il titolo era tipico del linguaggio delle curve: “Basta lame, basta infami”. I milanisti non vennero invitati. Si creò anche un coordinamento che prese posizione, negli anni seguenti, contro quello che la “mentalità ultras” definisce il calcio moderno, dettato dall’egemonia televisiva. Il coordinamento durò poco, troppi odi tra una curva e l’altra, anche politici. La destra radicale aveva conquistato ormai l’egemonia in tutte le principali curve d’Italia, aggiungendosi a quelle, come la nord interista, che di destra erano sempre state.
Ma c’è stato, nelle curve italiane, un passaggio ulteriore: l’arrivo in forze della criminalità organizzata. A Milano, sponda curva sud, si arrivò nel 2006 a una resa dei conti clamorosa: il gruppo più antico d’Italia, il più famoso, la Fossa dei Leoni, fu costretto a sciogliersi. La FdL era rimasta l’unico gruppo in curva non allineato: di sinistra e spesso in antagonismo pesante con la società. Il pretesto fu una storia di striscioni rubati e scontri con gli juventini, fatto sta che ai capi della Fossa (il direttivo) fu intimato di non mettere più piede allo stadio. Le minacce arrivavano da gente che non si poteva sottovalutare: facce nuove, legate alla ‘ndrangheta, che avevano fiutato l’affare: merchandising, biglietti, trasferte, una curva organizzata vale tanti soldi. Il direttivo convocò un’assemblea, diventata storica, in cui venne votato, pur di non far cadere il nome e l’organizzazione in mano ad altri, lo scioglimento della Fossa. Un solo leader si oppose, fondò un gruppo con un nome evocativo, Leoni della Sud, ma il gruppo egemone gli fece capire, pesantemente, che doveva andarsene anche lui. Ci furono pochi tentativi di resistenza, volarono anche colpi di pistola. Il 25 gennaio del 2007, dopo Milan-Roma, Walter Settembrini, uno dei pochi di sinistra rimasti in curva, venne aggredito con una violenza spaventosa. Una telecamera riprese tutto, il video può dare bene l’idea della violenza con cui vengono gestite le curve italiane. Settembrini rimase due mesi in ospedale, gli avevano sfondato la faccia e la testa. Al processo gli aggressori parlarono di “antipatia per quell’individuo”. Tutto lì, antipatia.
Il resto è storia recente: c’è stato un processo a nuovi e vecchi capi della curva sud rossonera: l’accusa era quella di aver ricattato la dirigenza del MIlan. In sostanza: o ci dai un sacco di biglietti per le trasferte (biglietti che poi ovviamente vengono rivenduti) oppure ti facciamo squalificare il campo. Uno dei capi della curva è oggi latitante, ricercato per altre storie, legate alla criminalità organizzata. E dire che un paio di anni fa è anche comparso come attore in un film, L’ultimo ultras. Faceva se stesso.
Da due anni i tifosi della curva milanista hanno avuto il permesso di tornare a Genova, in occasione di Genoa-Milan. Sono passati 16 anni dalla morte di Vincenzo Spagnolo, le curve d’Italia sono cambiate. Quella partita, però, non sarà mai come le altre.