Il DNA di chi uccise Valerio Verbano
Sono passati più di 31 anni dall’omicidio di Valerio Verbano, ora c’è il DNA di uno dei suoi assassini. Erano da poco passate le 12.30 del 22 febbraio 1980, tre persone suonarono alla porta di un appartamento di via Monte Bianco 114, quartiere Montesacro, Roma. Lì abitava Valerio Verbano, militante di sinistra legato ai collettivi autonomi. Montesacro era un quartiere di confine, allora, conteso tra rossi neri, dove gli scontri, violentissimi, erano quasi quotidiani. Quando i tre assassini suonarono alla porta di casa Verbano, la mamma di Valerio fece in tempo a vederne uno in faccia prima che si calasse il passamontagna. Poi lei venne legata, e così il marito: furono sbattuti a faccia in giù su letto. Quando Valerio rientrò in casa, la mamma, dall’altra camera, sentì rumori forti e poi uno sparo. Valerio era stato colpito alla schiena, morì poco dopo. La sera dell’omicidio arrivò una rivendicazione da parte dei NAR, i Nuclei Armati Rivoluzionari di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Fioravanti e Mambro hanno sempre negato qualsiasi responsabilità nell’omicidio. Gli stessi inquirenti, che hanno riaperto le indagini, pensano che gli assassini provenissero da ambienti neofascisti non appartenenti a gruppi organizzati e ben definiti: l’area del terrorismo nero diffuso di quegli anni.
Gli assassini scappando lasciarono un silenziatore artigianale per la pistola, una passamontagna, un cappello e un paio di occhiali. Cappello e passamontagna furono distrutti su disposizione del giudice istruttore nel 1989. Su quel paio di occhiali ora i Ris dei carabinieri sono riusciti a isolare tracce di Dna. Ci sono anche due nomi su cui gli inquirenti stanno lavorando: quello di un uomo che vive da tempo in Brasile e quello di un professionista affermato, trasferitosi a Milano. Due insospettabili. Ora c’è finalmente la possibilità di comparare il DNA isolato sugli occhiali con quello dei due sospettati. Carla, la mamma di Valerio, oggi ha 87 anni. Due anni fa ha scritto un libro, Sia folgorante la fine. Dice che l’editor della casa editrice le aveva detto che l’inizio del libro doveva essere folgorante. Lei rispose che no, era la fine che doveva essere folgorante. Alla conclusione di questa storia, dice Carla, la verità deve arrivare, il nome degli assassini si saprà. Forse sarà così, forse folgorante sarà la fine.