Il dialogo con Grillo e Berlusconi
Senza attribuire a Renzi virtù napoleoniche, che non è il caso data la sua già considerevole autostima, in queste ore stiamo assistendo di nuovo a una prova di capacità tattica. Quando si ripetono alcune costanti si intuisce che ci sia del metodo: aprire tavoli di trattativa – magari più apparente che reale – appena gli interlocutori/avversari entrano per qualche motivo in una fase di difficoltà.
L’atteggiamento di Renzi verso Berlusconi è diventato perfino paradigmatico, con quella disponibilità al dialogo che ha fatto parlare di resurrezione dell’ex Cavaliere perché appunto è intervenuta nel momento di sua massima difficoltà dopo l’esclusione dal parlamento e l’autoreclusione all’opposizione.
A distanza di otto mesi, è abbastanza acclarato che il massimo beneficiario di quel patto con lo storico avversario ridotto all’asfissia politica sia stato Renzi. Tant’è vero che l’effetto dura ancora, se si guarda alle curve dei sondaggi, alle analisi sul Pd catch-all-party e all’attualità più stretta: Berlusconi che interviene di persona per rassicurare i suoi dell’intenzione di rimanere in campo, e coerentemente lascia aperta la porta alla revisione del patto sull’Italicum. Un eventuale rilancio della leadership berlusconiana si sposa in effetti più con un sistema che forzi alla riunificazioni delle sigle ora disperse che alla ricostruzione di una coalizione che per Forza Italia implicherebbe cessioni d’ogni tipo.
Per ora siamo ancora alla teoria politologica, il dossier sulla legge elettorale s’è appena riaperto. E guarda caso, nelle stesse ore, Renzi e i suoi intraprendono un’altra manovra tattica con effetto sorpresa. Su un altro tavolo, e ovviamente obbligati da una situazione di necessità (l’incapacità delle camere di nominare i giudici costituzionali), eppure torna la costante di prima. Perché anche in questo caso l’interlocutore è un avversario acerrimo preso in un momento di difficoltà: Cinquestelle scosso da tensioni causate soprattutto dalla autoemarginazione parlamentare.
A Grillo (e a Di Maio) Renzi offre la possibilità di giocare una partita, al limite portando a casa il risultato di aver affondato nomine duramente avversate. Bene per M5S adesso, se sapranno cogliere l’attimo. Meglio per Renzi in prospettiva, se potrà far balenare a Forza Italia il pericolo di un capovolgimento di fronte e di sistema sulla riforma elettorale.
Probabilmente non ci sarà bisogno di usarli, intanto però i due forni sono accesi.