Le fatiche dei giornali con Renzi
Se è vero quello che ha detto ieri Matteo Renzi, ha proprio ragione Filippo Sensi: il premier farà meglio a stare alla larga dalle polemiche con i giornali. Non per compiacenza, che tanto s’è capito ormai che tra lui e l’informazione non potrà mai scattare la dinamica dei piccoli o grandi favori incrociati con la quale hanno cercato di farsi benvolere politici più grigi di lui. Bensì perché sarebbe una inutile perdita di tempo, una battaglia senza vinti né vincitori della quale Renzi non ha alcun bisogno visto che è maestro della comunicazione disintermediata, del contatto diretto con l’opinione pubblica.
L’effetto della trovata del count-down appoggiato a un sito internet è già scritto. I media scaveranno in ogni angolo del sito e quasi ogni giorno troveranno, inevitabilmente, materia di polemica, di denuncia, di sfottò. O ci saranno troppi dettagli, con l’errore dietro ogni capoverso, oppure sarà troppo generico. La speranza di palazzo Chigi è che, come ogni volta che c’è Renzi di mezzo, il pubblico gradisca più di quanto non farà la critica specialistica.
Soprattutto però Renzi deve accettare le conseguenze di una situazione inedita creata proprio da lui. Che consiste, in questo momento, nella morte della cronaca politica applicata alla manovra di Palazzo, al gossip, allo scontro tra i partiti e nei partiti.
In poco più di sei mesi Renzi ha ucciso non solo i propri avversari, ma un intero genere letterario. Lo conferma per paradosso Lucia Annunziata, maestra del ramo, quando accusa Renzi di iper-politicismo: in quell’ambito, la battaglia fra leader per la mera conquista del potere, la storia è finita troppo presto per i nostri gusti.
Così, adesso, essere rimasto l’unico attore al centro della scena rende inevitabile il fuoco incrociato sul premier. Aver risolto, almeno per il momento, ogni conflitto di politics porta le policies in primo piano. Che sarebbe un bene – un bel passo avanti anche per l’informazione – se la voracità renziana non addensasse misure, decreti, annunci e realizzazioni in una nuvola dai contorni mutevoli di fronte alla quale si può rimanere ammirati, ma anche perennemente insoddisfatti.
In più, il concetto stesso dei Mille giorni obbliga i media a fare i conti con una prospettiva che alcuni possono considerare con fastidio. Il messaggio è che, almeno finché il boccino rimarrà in mano a chi lo gioca adesso, non ci saranno scossoni. Non sarà certo Renzi a fermare quel count-down con crisi, traumi, strattoni, rimpasti, cambi di maggioranza, elezioni anticipate o cose simili. L’unica vera incognita, ammesso che la pratica non sia già stata anticipata dietro le quinte, riguarda i tempi, i modi e gli esiti del preannunciato ritiro del capo dello stato. Tutto il resto che accende normalmente il gioco e le cronache politiche: poca roba.
Ecco allora – sia Renzi l’ultimo a lamentarsene perché la “colpa” è tutta sua – l’attenzione perfino esagerata ai dettagli dell’azione di governo. Ed ecco perché la confusione sulla riforma della scuola, il freno alla scure sulle municipalizzate o il ridimensionamento dello “sblocca-Italia” fanno notizia: una volta avrebbero dovuto spartirsi il menu quotidiano con qualche accesa guerra fra correnti. Oggi tocca convocare il carretto dei gelati, e non è proprio la stessa cosa.