Le paure del Pd smentite dai fatti
Non ci sono rivendicazioni da avanzare, però è giusto fermarsi a confrontare gli esiti della vicenda politica con le convinzioni del circuito politico-mediatico che per un certo periodo si sono imposte come verità assolute.
Innanzi tutto, Berlusconi. Che appena cinque mesi fa risultava «resuscitato» dal patto del Nazareno. Rilanciato dopo le batoste della condanna, della scissione e dell’interdizione. Una demone che tornava per azzannare chi s’era illuso di essersene liberato.
Oggi Berlusconi deve sostenere contestazioni dentro Forza Italia, una cosa inimmaginabile. Usa toni aspri per portare i suoi a votare le riforme istituzionali concordate con Renzi, faticando a respingere obiezioni non irragionevoli: le riforme saranno concordate, dicono i forzisti dissidenti, ma politicamente se ne sta avvantaggiando solo il Pd. Perfino la denuncia del conflitto di interesse è tornata d’attualità: stavolta però sulla bocca dei berlusconiani.
Questa situazione dovrebbe dire qualcosa a chi nel Pd si oppone alle riforme nella formulazione renziana. Non nel senso di disarmare lo spirito critico (che è necessario, è stato utile a migliorare la legge sul nuovo senato e lo sarà anche a proposito del sistema elettorale), ma perché si può convenire oggi sulla validità della scelta strategica compiuta fin dai primi momenti dal Renzi segretario. E duramente avversata opponendole in alternativa scenari di dialogo a sinistra, meglio ancora con i Cinquestelle, ortodossi o dissidenti.
Perché anche su questo versante le ultime novità (e prima ancora i risultati elettorali) demoliscono un altro luogo comune: quello di M5S che lucra sulla alterità rispetto alle riforme marcate “Pdl e Pd-meno-elle”. Grillo nella versione Di Maio insiste sul dialogo nonostante un atteggiamento democratico non proprio amichevole. E nonostante sia evidente che fin qui, invece di creare problemi al Pd nel rapporto col Pdl, lo sta aiutando.
Dunque non serviva fare aperture sui giornali, ipotizzare maggioranze alternative, cercare di non irritare i grillini, organizzare cene e incontri. L’importante era imporre un’identità, definire rapporti di forza favorevoli, dimostrare di poter governare e riformare senza subire ricatti politici o morali. Fatto ciò, ora la logica politica spinge Grillo e Casaleggio a disponibilità inedite: scambi, mediazioni, emendamenti. Cose che non accadono (solo) perché si sa comunicare bene.