Italiani all’estero
Era un 2 luglio anche quello, anno 2003. Anche allora si inaugurava un semestre europeo a guida italiana, dunque un presidente del consiglio si rivolgeva all’assemblea di Strasburgo in un’occasione solenne. Si trattava di Silvio Berlusconi, e possiamo fermarci qui perché il resto è noto: per dettagli chiedere a Martin Schulz.
Oggi come allora, l’Italia si presenta in Europa senza poter mentire su se stessa. Siamo come ci vedono, nel male ma finalmente anche nel bene.
Undici anni fa eravamo il reame di un autocrate sbruffone, che pensava di potersi permettere attacchi e provocazioni contro gente e contro paesi che, alla lunga, gli hanno presentato il conto. Qualcosa di quell’Italia c’è ancora, ancora esportiamo un tipo presuntuoso che crede di poter colmare con chiacchiere e battute il proprio deficit di spessore e credibilità politica. Mancando ormai Berlusconi, la cui nemesi è ormai di dover chiedere scusa ai magistrati, la parte la recita Beppe Grillo: ieri ha regalato le speranze del voto Cinquestelle alla leadership di un inglese cinico che odia il concetto stesso di Europa e ne insulta ogni simbolo. Si capisce già che la legislatura europea di M5S sarà perfino più inutile e sperperata di quella nazionale.
A maggior ragione perché abbiamo ancora questi tipi di italiani all’estero, è importante che oggi al centro della scena internazionale ci sia tutt’altra persona, e tutt’altra immagine del nostro paese.
Non so se, come scrive Le Figaro, Matteo Renzi sia davvero diventato «il beniamino d’Europa», se ci sia una «Renzimania» a Parigi, Londra e Berlino. Al di là delle formule giornalistiche, il tema vero è la forza politica che Renzi riuscirà a infondere nel suo discorso di oggi a Strasburgo.
Non si tratta di strappare trattamenti di favore, questo è fuori dall’agenda. A un livello più alto, Renzi deve dare concretezza all’idea ormai maggioritaria che politiche di crescita siano possibili; e alla speranza che il continente più vecchio e stanco possa rimettersi in moto contro ogni previsione.
Renzi sicuramente è l’antidoto alla depressione, questo piace in Italia e fuori. Ma per quanto essenziale, già non basta più. È arrivato il momento del salto di qualità e di livello, di riempire di scelte concrete un sentimento positivo.
Senza paura di retorica, oggi un po’ si capirà se Renzi e l’Italia possono diventare davvero grandi, al servizio di una missione più grande ancora.