Soldi e politica due anni dopo Lusi
Martedì 31 gennaio 2012. Poco più di due anni fa, un secolo per la politica, una data che ricordiamo bene: quella mattina uscì la notizia dell’indagine a carico di Luigi Lusi, senatore del Pd, tesoriere della Margherita e fiduciario di questo partito nel consiglio d’amministrazione di Europa, il giornale che dirigo.
Ieri è uscita la sentenza di primo grado. S’è chiusa una fase della vicenda, s’è riaperta una ferita.
In un clima già molto ostile ai partiti, il caso Lusi fece da detonatore di una inarrestabile catena di esplosioni. Da quel giorno del 2012 non solo il sistema di finanziamento pubblico ma l’intero modo di vivere e di funzionare della politica divennero non più sostenibili.
Da allora la magistratura ha svolto un gran lavoro, con importanti risultati. A lungo invece siamo rimasti col dubbio che la politica non riuscisse a capire, a reagire, a cambiare. E in effetti ancor oggi emergono casi criminali o anche solo disdicevoli che rivelano un’incredibile coazione a ripetere.
Alla fine però, nei giorni delle riforme e del duello polarizzato tra Renzi e Grillo, c’è da prendere atto che, sotto questo punto di vista, il sistema politico è cambiato negli ultimi due anni più che in venti. Sobrietà e trasparenza non sono più ornamento ma requisito essenziale per gli uomini pubblici: chi cade in fallo, anche minore, è fuori.
Lusi ha avuto una condanna dura, otto anni. Non avendo mai festeggiato il carcere di nessuno, non proviamo soddisfazione per un simile esito, pur a carico di una persona che ha causato danni e umiliazioni a tanti, noi compresi. Tuttavia salutiamo l’applicazione della legge, l’onore pieno restituito alle parti lese e soprattutto la consolazione per una lezione che la politica, finalmente, sembra aver imparato davvero.