Alla fine esporteremo il renzismo?
La manovra di Matteo Renzi ha ricevuto accoglienza tiepida dalla critica specializzata ma piace al pubblico. Ne sono specchio gli stessi giornali mainstream, che non nascondono le perplessità dei propri analisti economici e finanziari nelle stesse pagine nelle quali – percependo l’attenzione positiva dei propri lettori – titolano con grande enfasi sulle misure governative più popolari.
Perfino Eugenio Scalfari si fa interprete di questo ambivalente atteggiamento. La motivazione che si dà è un po’ la motivazione: nella sua incoscienza e nella sua foga, scrive in sostanza il fondatore di Repubblica, questo è l’unico presidente del consiglio dei tempi recenti che può dare una scossa non solo al sistema politico ma all’intero paese.
L’Italia corre verso la scadenza elettorale, tra qui e il 25 maggio molto di ciò di cui ci occuperemo sarà propaganda. Tra un mese sarà importante per Renzi riprendere in mano molti dei dossier spalancati in fretta e furia e dargli qualche aggiustamento anche alla luce delle più serie critiche di questi ultimi giorni.
Nel frattempo però le cose che stanno accadendo in Italia, tumultuose e improvvisate quanto si voglia, rischiano di avere un’eco imprevista a livello internazionale.
L’atteggiamento tenuto finora dai governanti di Roma, e quello speculare di Bruxelles e delle altre capitali, teneva comunque l’Italia in una posizione di soggezione. Se tra un mese le elezioni europee dovessero andare come alcuni istituti di sondaggi prevedono, il ruolo nostro come Nazione, del Pd, di Renzi e del suo governo pare destinato a cambiare.
Primo partito progressista per percentuale e per numero di eletti a Strasburgo, unico nella famiglia democratica e socialista (e forse non solo) a vincere governando, l’ultimo arrivato all’interno del Pse rischia di diventare un caso di studio. Non solo – fatto invero paradossale, ripensando alle polemiche nel Pd degli ultimi anni – Renzi potrebbe trovarsi a dover esercitare una leadership all’interno dello schieramento socialdemocratico: a lui finirebbero per guardare un po’ tutti, ammaccati dallo scontro con le legioni aggressive degli antieuropeisti.
Col risultato che la ricetta Renzi-Padoan, commentata con scetticismo in patria, potrebbe essere studiata e magari riproposta altrove. Non è del resto quello che Manuel Valls ha un po’ cominciato a fare, proprio a casa di Hollande?