La grande debolezza del Pd romano
I dirigenti e i militanti del Pd romano non si risparmiano. Davvero, lavorano tanto. Corrono in ogni angolo della metropoli. Il momento è di quelli importanti e c’è poco tempo a disposizione.
La salvezza della città, direte voi? La messa in sicurezza di un bilancio disastrato? L’opera di spiegazione e convincimento nei confronti di una cittadinanza sconcertata dalle difficoltà del primo anno del centrosinistra tornato al governo? L’inventario capillare di ciò che si può risparmiare nell’elefantiaca ragnatela di società piccole, grandi e grandissime che impiegano legioni di persone e succhiano soldi pubblici?
Nossignore. I democratici a Roma hanno qualcosa di più urgente da fare: conquistare i voti per il partito alle Europee, certo. E soprattutto, missione nella missione, strapparsi le preferenze l’un l’altro, in uno scontro senza esclusione di colpi fra componenti e cordate instancabili, da anni, in una guerra fratricida alla quale i renziani locali si sono semplicemente aggiunti.
Viene da chiedersi se il centrosinistra a Roma abbia meritato di riconquistare il Campidoglio, lo scorso anno. Nella sua incapacità, Alemanno è riuscito a cedere di schianto contro un partito che, come si vede ora, non è cresciuto molto dai tempi delle sconfitte del 2008 e del 2010 al Comune e in Regione.
Perché c’è una crescita che non coincide necessariamente con le vittorie elettorali. È la maturità che, come partito e gruppo dirigente, sai dimostrare di fronte alla grande difficoltà di risanare una metropoli pesantemente indebitata, con vistose sacche di inefficienza e disservizi che avvelenano l’opinione pubblica, offrono il destro alle campagne di chi vuole colpirti, e in definitiva smontano rapidamente il consenso da poco ritrovato.
Il Pd a Roma è terrorizzato dal prezzo che potrebbe pagare per una crisi verticale dell’amministrazione Marino, di cui il conflitto sul bilancio è solo l’antipasto. A palazzo Chigi e al Nazareno non possono fare sconti, né alla città né a chi la governa: il “salva-Roma” esiste ancora solo perché contiene patti chiari e stringenti che il Comune dovrà rispettare.
Quando avrà trovato le sue preferenze, il Pd romano non potrà sfuggire alla inevitabile dolorosa cura di tagli, dimagrimenti, dismissioni, riduzione dell’enorme numero di persone che all’ombra del Campidoglio vivono di politica e grazie alla politica, smettendola di spacciare per «spesa sociale» anche quelle che sono casomai spese antisociali. Se non ne sarà capace, il dopo-Marino arriverà presto. E, giustamente, potrebbe non avere i colori del Pd.