Tutti giù dal carro di Letta
Non è bello quando tutti salgono sul carro del vincitore, figurarsi quando tutti scendono dal carro del perdente. Che è ciò che sta succedendo col governo Letta, in misura eccessiva rispetto ai demeriti di un esecutivo che solo quattro mesi fa (rottura Berlusconi-Alfano) veniva dato per fortissimo e destinato a lunga vita.
I Palazzi della politica e dell’economia sono impietosi. Il cambio di linea decretato da Matteo Renzi giovedì li ha solo confermati in una convinzione maturata nell’ultimo mese: questo governo Letta è al capolinea. E siccome il Pd non pare disposto a maquillage tipo rimpasto, e lo stesso presidente del consiglio considera inaccettabile il mero galleggiamento, molti scommettono sulla caduta o sulle dimissioni.
Dunque si avvera la profezia agitata contro il sindaco durante le primarie? La convivenza di Renzi segretario e di Letta premier si rivela impossibile?
Questa è l’immagine che Renzi vuole smentire e allontanare da sé. Per lui sono oltremodo fastidiosi e dannosi i paragoni coi dualismi del passato (D’Alema-Veltroni, D’Alema-Prodi, Veltroni-Prodi) che lo associano ai momenti più infelici della storia dell’Ulivo. Per questo scarica sul governo la colpa della sua stessa debolezza. E attribuisce a chiunque altro tranne che a se stesso l’intenzione di staccare la spina: la minoranza Pd, gli altri partiti della coalizione. Tutta gente di cui di solito si disinteresserebbe, ma stavolta potrebbe servirgli a dire che si espone per rispondere a un appello, non a una pulsione personale (esattamente ciò che dissero D’Alema e Veltroni, appunto).
Su quale possa essere lo sbocco della crisi, risulterà decisiva non la pressione dell’establishment nazionale (che in teoria Renzi dovrebbe snobbare, avendogli dichiarato guerra) bensì l’esito del conflitto interno tra il Renzi che sente a un passo l’obiettivo della vita, e quello che sa che sarebbe meglio arrivarci spinto dal voto popolare (noi da Europa glielo ricorderemo spesso). Più decisivo ancora sarà l’orientamento di Napolitano.
E comunque alla fine, come sempre in politica, sarà una questione di tempi: un governo Renzi “solo per la riforma elettorale”, quindi a scadenza assai ravvicinata, potrebbe risultare vantaggioso al sindaco (e infatti: perché glielo dovrebbero far fare?). Un governo a più lunga gittata, di cui farsi carico in nome della promessa fatta agli italiani sulle riforme costituzionali, rappresenterebbe per Renzi un rischio proporzionato all’ambizione dell’operazione: cioè, enorme.