Ora vedremo la coerenza sulle carceri
Per quanto riguarda il Pd, la vicenda Cancellieri si chiude esattamente sul punto d’equilibrio che Europa – il giornale che dirigo – aveva individuato dal primo giorno: riaffermazione della inopportunità dei toni usati nel colloquio telefonico tra il ministro e la signora Fragni; riconoscimento della correttezza del comportamento del ministro e della sua estraneità alle misure prese dalla magistratura su Giulia Ligresti; ampio merito alla Cancellieri per i suoi sforzi per restituire dignità al sistema carcerario e anche ai singoli detenuti; impegno a mettere mano ai mali strutturali della giustizia che ricadono sul sistema penitenziario, a partire dall’abuso del ricorso alla custodia cautelare.
L’esito è stato favorito da due fattori, oltre alla volontà politica di non indebolire il governo Letta.
Innanzitutto dalle spiegazioni rese in parlamento dal ministro, finalmente con un tono più misurato e consapevole dei danni causati dalla sovrapposizione fra ruolo pubblico e sentimenti privati. E poi dal sostegno e dagli attestati di stima che alla Cancellieri sono venuti da tutti coloro che sulla condizione carceraria lavorano davvero e davvero ne capiscono: associazioni, volontari e operatori pubblici che del “detenuto comune” si occupano tutti i giorni, non solo quando si tratta di fare demagogia.
E a proposito di demagogia: che cosa rimarrà di tutta quest’ansia di aiutare la popolazione carceraria ordinaria, quando non ci sarà più da stigmatizzare un ministro? Saranno conseguenti, i dirigenti emergenti del Pd (renziani, civatiani, cuperliani), oppure preferiranno evitare di esporsi su un fronte che non è altrettanto facile e popolare, come s’è capito bene nella vicenda dell’amnistia?