2007-2013, un’occasione che ritorna

Capitò la stessa cosa proprio di questi tempi, sei anni fa. I giorni del predellino, per capirci. Quando per reagire alla vera grande novità che allora dominava la scena – il Pd veltroniano a vocazione maggioritaria – Berlusconi dovette inventarsi qualcosa di simile, e fondò in una sera il partito che oggi è costretto a sciogliere per fallimento conclamato.

Gli scongiuri sono autorizzati, visto come poi andò a finire, ma l’analisi oggettiva è più interessante della scaramanzia. Perché in questo autunno del 2013 assistiamo alla replica almeno della prima scena di quel 2007-2008, e possiamo sperare che l’esperienza aiuti a costruire un esito diverso.
Di nuovo c’è un Pd lanciato a mille sulla strada dell’i nnovazione, perché di nuovo si afferma sulla scena un leader capace di incarnare la necessaria rottura di continuità con la tradizione, e quindi di presentarsi terribilmente competitivo in un momento in cui si chiede soprattutto novità. La differenza, per quanto riguarda Renzi rispetto a Veltroni, sta in una corrispondenza più forte fra la promessa di discontinuità e la biografia personale, oltre ai risultati già raggiunti in poco tempo nella rottamazione della sinistra del passato.
Di nuovo gli avversari del Pd sono costretti alla rincorsa affannosa.

Ma quante differenze rispetto al 2007.
Innanzi tutto, ora devono rincorrere in due.
Non c’è più solo l’eterno Berlusconi, perché nel frattempo anche colui che pareva destinato a stravincere la corsa alla nuova politica appare spiazzato, precocemente invecchiato agli occhi degli italiani, già sottoposto a critica interna e alla bocciatura degli elettori.
È risultata troppo smaccata e improvvisata, la mossa di ieri di Beppe Grillo. Per far dimenticare il crollo elettorale in Trentino e per recuperare rispetto all’exploit della Leopolda (di cui conosce l’appeal presso i propri elettori), l’ex comico precipitatosi al senato non sapeva se sforzarsi di più nell’urlare contro Napolitano o nel vendere l’ultima patacca della sua democrazia digitale: gli sono venute male e improbabili entrambe le cose.

Il paragone col 2007 finisce qui, anche se si potrebbe fare qualche riflessione sui problemi del governo Prodi di allora e quelli di Letta di oggi. Ci torneremo su, sapendo che le due situazioni sono comunque non paragonabili. Per ora limitiamoci a constatare che la storia talvolta offre l’occasione di riprovarci: non approfittarne sarebbe stupido.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.