Il regalo di Beppe Grillo ai partiti
Ha ragione Marco Travaglio, anche se ci ha messo un po’ a capirlo. La desolazione sua e del Fatto di fronte al disastro combinato da Beppe Grillo è giustificata. Sono giorni tristi per chi sperava che la mina a cinque stelle esplodesse sotto il sistema politico.
Da Lough Erne a palazzo del Consulta, da palazzo Chigi fino al luogo misterioso dove ronzano i server di Casaleggio, le ultime 48 ore racchiudono tutto il fallimento di uno schema che tra febbraio e aprile sembrava fatale e letale.
Il governo delle vituperate larghe intese macina risultati, non esaltanti ma nemmeno disprezzabili, grazie all’immagine internazionale di successo di Letta e grazie a misure che evocano una nuova stagione di liberalizzazioni e opportunità per lavoro e mercato.
Cosa più importante (anche se prevedibile), il governo regge la tensione imposta dal calvario giudiziario di Berlusconi, di cui la sentenza di ieri è solo un’altra tappa. Alla prova dei fatti, tutti si rendono conto di quanto sia spuntata l’arma del ricatto politico del Pdl contro la legislatura.
A fronte di tutto questo (e per colpa non certo dei media), di M5S si parla solo per i suoi processi sommari. La senatrice Gambaro viene espulsa da tredicimila militanti (su 48mila aventi diritto: già una consultazione più rappresentativa di quella che “elesse” Rodotà) e l’immagine del Movimento si fa ancora più cupa. Un fallimento tale da indurre (pare) Grillo a invertire la rotta e a dichiarare chiusa l’epoca delle epurazioni.
Pare un po’ tardi, ora che fra i suoi s’è sparso il seme dell’odio e della diffidenza. Ha ragione Travaglio a fremere: che regalo al sistema dei partiti.