Si va al governo passando dal Quirinale
Il centrodestra accusa Bersani di rimanere fermo, stolido, sulla propria linea. E in effetti per quanto riguarda la soluzione del rebus per il governo, la conferenza stampa del segretario Pd ieri ha portato una sola (ma rilevante) novità: l’esplicita disponibilità di Bersani a farsi da parte se dovesse risultare d’ostacolo.
Il fatto nuovo è però in re ipsa, nel passaggio dal tira-e-molla su palazzo Chigi alla battaglia campale per il Quirinale.
Da ieri, per il Pd, più che essere “congelato” l’incarico è congelato l’intero tema del governo. L’agenda istituzionale è ribaltata. Ed è risultata abbastanza leggibile (anche se non esplicitamente dichiarata) l’intenzione di Bersani: conquistare nella battaglia per il Colle le condizioni per poter poi riaprire il tavolo per il governo.
Qui il termine chiave è condivisione. «Larga o larghissima condivisione», ha detto il segretario Pd. Cioè molto oltre i confini del centrosinistra (che ancora ieri Alfano accusava di voler fare incetta di cariche), con una intesa che coinvolga idealmente tutti e quattro i poli parlamentari, ma come minimo oltre al centrosinistra anche i montiani e uno fra centrodestra e Cinquestelle, con una non dichiarata ma inevitabile preferenza per il primo visto che almeno con gli uomini di Berlusconi (e presto con Berlusconi medesimo) ci si riesce a parlare.
Messa la sordina a qualsiasi critica di parte democratica a Napolitano, esclusa la preferenza per elezioni anticipatissime e accantonata anche l’ambizione personale per palazzo Chigi, Bersani torna di nuovo sulla scena dalla quale ripetutamente, in tanti, l’abbiamo considerato escluso.
Su questo punto un dubbio lo confessa anche lui, quando prega di non chiamarlo «ostinato». Bersani sa che sarebbe catastrofico per il Pd passare per il partito che tiene bloccato il sistema e impedisce il cambiamento che predica. Anche per questo, nella campagna per il Quirinale, c’è da aspettarsi qualche colpo di fantasia rispetto all’arcinoto elenco dei presidenziabili.