La giornata decisiva per Bersani
La giornata che s’è aperta con l’apoteosi del dilettantismo al potere si svolge e si chiude nel segno del più puro professionismo della politica, nel senso migliore.
Nell’ormai famigerata diretta streaming la cittadina Lombardi smonta fin dalla prima battuta la pazienza di Pier Luigi Bersani atteggiandosi, lei che è una capogruppo parlamentare, a telespettatrice. Il resto della giornata a Cinquestelle è un florilegio di insulti via web, di dichiarazioni in politichese puro che fanno balenare chissà quali nuovi scenari, infine di smentite di sapore neoberlusconiano, mentre alla prima prova nelle agognate commissioni parlamentari i grillini vanno subito in tilt, sul decreto finanziario.
Questo però è solo un lato della scena. Nell’altro lato si svolge una discussione serrata tra le coalizioni storiche del bipolarismo italiano, a un passo dal raggiungere il loro primo accordo bipartisan. Un passo che forse non verrà mai compiuto, in coerenza con ormai vent’anni di contrapposizione inconciliabile. Solo la giornata di oggi, con il ritorno di Bersani sul Quirinale, chiarirà se tra Pd e Pdl-Lega sarà stata più forte la comune convenienza ad avviare la legislatura nel segno soprattutto delle riforme istituzionali; oppure se avrà prevalso l’impossibilità di mettersi d’accordo sul nome del prossimo presidente della repubblica. Sarà stata la notte a decidere, ma l’ultimo segnale della convulsa giornata dei professionisti è stato negativo. Incrociando le dichiarazioni di Alfano e del Nazareno si capisce che Berlusconi ha posto sul Quirinale condizioni inaccettabili per i democratici (quindi, a occhio, non la riconferma di Napolitano di cui alcuni hanno scritto).
Oggi dunque è la giornata decisiva per Bersani. Il suo nome potrebbe uscire di scena oppure (contro le previsioni dei bookmakers) diventare quello del nuovo presidente del consiglio, all’indomani dell’ingloriosissimo tramonto della stella di Mario Monti.
Dovesse Bersani riuscire dove pare impossibile, tutto poi cambierebbe. Sloggiarlo da palazzo Chigi non sarebbe facile come parrebbe da superficiali valutazioni della fragilità del quadro politico.
Viceversa, se Bersani non riuscisse a convincere Napolitano, il secondo e ultimo tentativo di salvare la neonata legislatura sarà, com’è giusto, nelle mani del capo dello stato.
Del resto, non lo sapevamo fin dall’inizio?