Un modo per vincere il Senato
In una sola, nervosissima giornata abbiamo avuto la dimostrazione di che cosa funziona e che cosa no, nella strategia elettorale del Pd.
Non funziona farsi troppi problemi (e soprattutto farlo capire a tutti) intorno ai risultati nelle regioni in bilico per il senato. È chiaro, si sa che quello è il punto caldo della competizione.
I democratici devono gettare nelle fornaci di Lombardia, Veneto, Campania e Sicilia tutto quello che possono quanto a entusiasmo, buoni argomenti, i candidati migliori, possibilmente l’atout Matteo Renzi.
Quello che proprio non devono fare è trasmettere la paura di perdere, e farsene condizionare al punto di architettare impossibili espedienti (tipo la desistenza di Ingroia, ovviamente smentita: a quale costo sarebbe avvenuta, oltre tutto?) e di incolpare le liste concorrenti per la loro semplice presenza com’è capitato coi montiani in Lombardia.
Segnali di debolezza che non corrispondono alla realtà, tradiscono il ritorno a un’antica insicurezza, finiscono per fare il gioco degli avversari soprattutto dopo che per giorni si è andati orgogliosamente a dire in giro che la maggioranza sarebbe a portata di mano del centrosinistra senza l’aiuto di nessuno.
In realtà la questione del senato è difficile, ma andrebbe affrontata in altro modo. Per esempio dicendo la verità.
Sono convinto che, al di là della necessità di aiutare Vendola a tenere il fronte sinistro della coalizione, gli elettori abbiano fame di certezze sul futuro del paese e premierebbero la prospettiva di un’ampia e stabile alleanza parlamentare e di governo formata da centrosinistra e centro.
C’è differenza fra lasciare intendere che le cose andranno comunque a finire così, magari per colpa di una vittoria mutilata e quindi passando attraverso una delusione, e assumere invece impegni pubblici, imperniare la campagna su una prospettiva solida e rassicurante, non sottoposta alla nevrastenica corsa all’ultimo voto.
Si fanno tanti calcoli politicisti: «Ma così si perdono voti a sinistra, Monti perde voti a destra…». Calcoli, appunto. Ogni volta che negli ultimi tempi Bersani ha lasciato perdere i calcoli, ha fatto la cosa giusta.