Il problema della coalizione
Il primo concreto atto parlamentare sulla strada della riforma elettorale è stato colto al volo dal presidente della Repubblica. Sarà almeno un anno che chiede ai partiti, come loro responsabilità parallela all’attività del governo, di restituire agli elettori un sistema di voto decente. Sembrava un richiamo destinato a cadere nel vuoto dell’inconfessabile interesse a tenersi il Porcellum. E siccome il percorso sarà ancora lungo e complicato, e il rischio di fallimento non è scongiurato, Napolitano ha voluto incassare il risultato (provvisorio) del voto in commissione al senato.
Sul Colle sanno che la prima bozza deve cambiare. Praticamente Napolitano esplicita il concetto quando invita a fare la riforma col più vasto consenso parlamentare possibile: occorre trovare il modo di far rientrare quanto meno il PD, quindi altre mediazioni saranno necessarie. Questo lo sanno tutti: il vulnus dell’approvazione “partigiana” stile-Porcellum non si ripeterà. E anche il diritto degli elettori a scegliere gli eletti, in un modo o nell’altro, sarà ripristinato.
Ciò a cui non si potrà porre rimedio aggiustando il sistema elettorale è l’altro, enorme limite del Porcellum evidenziato dal capo dello stato: l’incentivo a cercare di vincere il premio di maggioranza assemblando pletoriche coalizioni incapaci poi di governare.
Qui non c’è sistema che regga, da questo rischio solo buone scelte politiche potrebbero salvarci.
Naturalmente il PD è il primo interpellato, implicitamente anche dalla nota di Napolitano: per vincere il premio di coalizione, nella sia pur remota speranza di conquistare la maggioranza parlamentare, con chi si aggregherà?
Oggi Bersani, Vendola e Nencini sottoscrivono un patto, e siamo già a tre partiti che in questo cruciale 2012 hanno fatto scelte opposte. Per fare numero dobbiamo aggiungere Di Pietro, uno che col PD ha scassato su tutto lo scibile umano? Ovvio che no, ovvio che sarà meglio puntare, più che sulle sommatorie, sulla qualità e sulla coesione dell’alleanza: unica scelta responsabile, anche se purtroppo allontana palazzo Chigi per qualsiasi vincitore delle primarie.