La politica del carico e scarico

Bersani ha sempre detto di perseguire un’idea di politica che non si subordina e anzi non si fa minimamente condizionare dalle logiche della comunicazione. Gliene va dato atto, è un approccio coraggioso che si accompagna a una forte volontà di autonomia, e che incontra consenso nel popolo democratico.

Su questa strada si rischiano però cortocircuiti politico-mediatici non so quanto desiderati. Tipico il caso di ieri, la battuta su Casini scaricato in favore di Nichi Vendola. Una dichiarazione perfettamente logica e accettabile nella dinamica attuale, come dimostra il fatto che il primo a plaudire sia stato il numero due dell’Udc, Cesa.

Non serve a Casini alcuna blandizia ulteriore rispetto a quelle già ricevute (anzi, è ben contento di avere spazio libero e non conteso al centro dell’elettorato), né Bersani deve ribadire ogni giorno quale sia l’orizzonte arcinoto del Pd, cioè un governo di ampia coalizione il cui baricentro in realtà non si colloca affatto tra Fassina e Gennaro Migliore ma più o meno dalle parti dove già appoggia il deprecato governo Monti (guai però a dirlo in pubblico).
Al segretario democratico è molto più utile, in questi giorni, dare banalmente una mano a Vendola a convincere il suo recalcitrante mini-partito all’idea non solo di allearsi coi democratici, ma probabilmente di entrare addirittura nelle loro liste.

Il problema è che una battuta comprensibile dagli addetti ai lavori nel suo effettivo significato (la chiamata a raccolta di tutto l’elettorato di sinistra, soprattutto quello che attualmente naviga più fuori che dentro al Pd), arriva come messaggio generale a un pubblico molto più ampio. E come suona?

Non un granché. E non solo per un banale motivo di sbilanciamento politico, nel senso che definitivamente il Pd sembra voler chiudere la porta in faccia ai milioni di elettori lasciati a spasso dallo scioglimento del ghiacciaio del centrodestra.

Questo però purtroppo si sa da tempo. C’è un rischio aggiuntivo.

E cioè che una battuta del genere (non dal sen sfuggita ma, all’opposto, fortemente intenzionale), disegnata ad hoc sulle esigenze dei titolisti dei giornali, ripropone un’idea della politica costruita intorno alle figure più consuete (e logore) della scena, del famoso teatrino. Una prospettiva per il paese fatta di prendere quello e lasciare quell’altro. Strano per Bersani, che spesso ha dimostrato di avere in antipatia una simile concezione della politica.

S’è trattato di un colpo a vuoto, pazienza. Sperando che almeno tutto ciò renda il lavoro più facile a Vendola nei suoi tardivi conti con Bertinotti, aspettiamo qualcosa di meglio.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.