Elettore, lo gnomo ti guarda
Ci sono state giornate di Borsa negative e giornate positive. Lo spread è andato molto su e talvolta anche un po’ giù. Le previsioni economiche sono state catastrofiche, ma c’è stato anche chi ha visto la luce in fondo al tunnel. Insomma, non è il caso di fare festa per due contemporanei outlook positivi di Fitch e Moody’s, né siamo in paradiso con lo spread ai minimi stagionali. Qualche indicazione però la giornata di ieri l’ha data.
Non vanno mai dimenticati i presupposti. Un mese fa non avreste trovato un solo addetto ai lavori che non pronosticasse un agosto micidiale per l’Eurozona e soprattutto per l’Italia. I segnali di un incombente attacco speculativo erano espliciti. Lo stato di salute del paese non garantiva protezione.
Agosto si avvia a chiudere invece con un rilassamento dei mercati secondo ogni indicatore. Gran parte del merito è di Draghi, la cui credibilità pare uscita perfino rafforzata dall’attacco politico-editoriale-bancario portatogli dai tedeschi. C’è anche evidentemente un’attesa positiva per le imminenti scadenze europee.
Farà poi discutere l’analisi delle contestatissime agenzie di rating su Monti, del quale auspicano una qualche continuità oltre il 2013. Già si sentono gli strilli di chi denuncia il sequestro di democrazia.
Il discorso è semplice. I perfidi gnomi della City sono alla fine gestori di fondi di risparmio e assicurativi dei pensionati di mezzo mondo. Detengono oltre la metà del nostro debito pubblico. Osservano un paese capace adesso di fare grandi sforzi e si chiedono se questi sforzi avranno un seguito o saranno interrotti dalla ancestrale instabilità politica italiana. A seconda delle impressioni che ricavano, decidono. Le loro decisioni influiscono direttamente sulla condizione materiale delle nostre famiglie.
Chi vuole consolarsi prendendosela coi mercati e sostenendo che vanno sfidati e non razionalmente considerati, faccia pure. Sarà però più saggio battersi per conquistare consenso elettorale e investitura democratica a una proposta che dia almeno altrettanto affidamento di quello di cui gode ora l’Italia di Monti e Napolitano.