Con Bersani, su linee diverse
Sui giornali oggi si parlerà assai – e non sarà un bel leggere – delle contumelie rivolte da Stefano Fassina all’indirizzo di Matteo Renzi. Accadrà perché, in contraddizione con l’asserita ripulsa verso le manipolazioni della comunicazione, il responsabile lavoro del Pd s’è messo nelle mani di una delle trasmissioni radiofoniche più abili nel tirare fuori dai politici il peggio di sé: obiettivo centrato.
Ingenuità. Come ne abbiamo ascoltate altre ieri al convegno della componente Pd Rifare l’Italia a proposito della rifondazione dei partiti. Nulla di grave. Basta considerare per quello che è, cioè un esercizio accademico, l’ipotesi che nel 2012 possano rinascere in Italia partiti di classe (piccola ipocrisia non pronunciare la parola) e che l’asse del Pd possa tornare a essere il patto dei produttori di quarant’anni fa.
Tratto dominante è l’avversione postuma verso terze vie, blairismi e prodismi; verso le commistioni con culture liberali e azioniste (tutte antiparlamentari, ha detto Miguel Gotor); verso la subalternità al giornalismo modaiolo strumento della borghesia (questo prima dell’ospitata alla Zanzara). Chiaro ciò che non si vuole, vaghezze sul laburismo dell’avvenire. Infatti, a chi non ha la solidità e la memoria di Reichlin, Bersani, testimone dei fatti, deve ricordare che prima dell’epopea ulivista non c’era alcuna età dell’oro della sinistra.
Ma la novità non sono gli attacchi a Renzi e le rifondazioni partitiche, bensì la dichiarata volontà di quest’area di smarcarsi dal «patto di sindacato» (lo chiamano così) che regge il Pd, rivendicando in vista delle primarie un appoggio a Bersani chiaramente distinguibile dall’affollata platea dell’attuale gruppone dirigente. L’intenzione avrà delle conseguenze: per criticabili che siano, Orfini e Fassina dicono cose e cercano consenso su una linea che immaginano maggioritaria. Ci sono un’area montiana e una cattolica di rito fioroniano che fanno altrettanto. Il ruolo cui aspira Bersani è di tenere tutto insieme nel nome dell’originalità democratica. Poi partiranno Renzi e la sua carovana. E gli altri? Il rischio schiacciamento è grosso.