Tutti i nemici del presidente
Finché si tratta dell’insistenza del Fatto, con la sua nota antipatia per il capo dello stato, è un conto. Ma la campagna di discredito contro Napolitano sta prendendo la forma e la dimensione di una vera operazione politica. Non sappiamo se qualcuno l’abbia pensata fin dall’inizio, è evidente che molti ci stanno saltando su, desiderosi di azzoppare la più alta carica dello Stato (l’unica figura politica e istituzionale con un alto grado di consenso popolare) negli ultimi mesi di mandato prima che cominci il semestre bianco.
Napolitano è stato il regista dell’ultima decisiva stagione politica. Nel bene (e naturalmente anche nel male), tutto quello che l’Italia di Monti è adesso, all’interno e soprattutto all’estero, si deve al suo orientamento. Con tutte le tensioni che crescono intorno al governo – fino a far parlare apertamente, in entrambi i partiti maggiori, di possibilità o desiderio di elezioni anticipate: la prova generale c’è stata intorno alla riforma del lavoro e s’è chiusa solo ieri sera con le rassicurazioni di Berlusconi e Bersani a Monti – è chiaro che al Quirinale potrebbe toccare di nuovo di esercitare la funzione istituzionale di garanzia, e quella politica di scudo al governo e di ombrello per la maggioranza (un ombrello, non è un segreto, che i partiti coinvolti non amano).
Si capisce meglio allora perché a qualcuno possa far comodo colpire il presidente della repubblica, chiamandolo in causa in una vicenda torbida fin dall’inizio: figurarsi, le trattative fra stato e mafia, responsabilità e coperture per le stragi del ’92. Non vale che ogni ufficio giudiziario o singolo magistrato abbiano escluso di aver subìto pressioni, e che il coinvolgimento di Nicola Mancino abbia seguito la sua strada: la campagna non si ferma.
Per il semplice motivo che il bersaglio grosso non è tanto la ricerca della verità (come scriveva ieri sull’Unità il pm Ingroia, un po’ l’iniziatore del caso), bensì indebolire il capo dello stato in vista di possibili ulteriori crisi politiche. Ieri il Pd ha finalmente reagito, prova ne sia l’editoriale odierno di Enrico Letta. Ma la partita non si chiude qui.