Un paese che non si rispetta e non si ama

Francesi, inglesi, tedeschi sono più fortunati di noi geologicamente parlando. Non avranno le bellezze d’Italia però da loro la terra trema molto raramente, non devono ciclicamente fare i conti con un sisma devastante come quello che ha colpito l’Emilia. Già è molto diverso per gli americani, che invece queste esperienze le conoscono bene. Tutte queste grandi Nazioni hanno però anche un’altra grande fortuna rispetto all’Italia, ed è fatto noto, perfino banale da ripetere: hanno un forte senso di sé, un orgoglio collettivo, in definitiva un patriottismo che scorre nel sangue.

In nessuno di questi paesi avrebbe attecchito più di tanto l’idea di cancellare la principale festa nazionale, nelle forme in cui abitualmente si svolge, dopo una terribile catastrofe naturale. Al contrario. Sarebbe stato ovvio, spontaneo, naturale, ciò che Giorgio Napolitano deve invece far passare a fatica, perfino subendo attacchi e ingiurie: che la festa nazionale è esattamente il momento in cui un paese esalta il proprio essere comunità. Nella buona, nella cattiva e soprattutto nella tragica sorte. Dichiara la propria forza, quella morale prima d’ogni altra. Si stringe intorno a chi soffre. Rende onore a chi si sacrifica per portare soccorso.

Da molti anni i reparti della parata del 2 giugno che, a parte il folclore dei bersaglieri, suscitano maggiore rispetto e affetto sono i Vigili del fuoco, i volontari della Croce rossa, i mezzi e gli uomini della Protezione civile. Non è un caso. È l’effetto di ciò che gli italiani hanno visto fare a questi uomini e donne in tante occasioni come l’Emilia.

L’argomento dei risparmi economici è stato già smontato: perché le spese per la parata sono già state sostenute da tempo, e perché per volontà dello stesso Napolitano e dell’attuale governo i costi erano già stati comunque sostanziosamente tagliati (e ieri la Difesa ha annunciato un’ulteriore sforbiciata, niente mezzi, né frecce tricolori). Che cosa rimane allora, di questa polemica?

Rimane l’amara conferma che il concetto stesso di patriottismo, il sapersi riconoscere negli uomini e nei simboli della Nazione unita, è irrecuperabile da parte dei leghisti ma, purtroppo, non ha mai conquistato i cuori di parte della sinistra. Rimane la constatazione che la rete e i social network riescono a essere, nell’arco della stessa giornata com’è accaduto martedì, straordinari strumenti di informazione e anche di sostegno e organizzazione degli aiuti; ma anche lo sfogatoio degli istinti più negativi e distruttivi, ostaggio degli indignati di professione e dei militanti anti-sistema sempre ovunque e in ogni caso. Mentre uomini e mezzi dello Stato e degli enti locali si prodigavano nelle zone del terremoto, da centinaia di computer si scatenava l’assalto pregiudiziale contro lo stesso Stato, gli stessi enti locali, istituzioni e politica, per non parlare naturalmente dei partiti.

Non rimarrà come un evento rilevante. Indicativo però sì. Rispetto a quanto è successo l’altro giorno tra Modena e Ferrara ci sono tante domande che aspettano risposte convincenti. Ma la domanda che sicuramente non avrà risposta è sempre la stessa: quando ci decideremo a diventare un paese adulto?

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.