Monti tocca il nervo che fa male
I partiti sono indispettiti per le ultime mosse di Monti. Ieri il Pdl l’ha fatto sapere attraverso un voto al senato. Il Pd non predilige gli agguati parlamentari ma il dissenso di Bersani per la nomina dei tre consulenti Bondi, Amato e Giavazzi è trasparente.
In effetti, il governo ha compiuto lunedì un’operazione singolare, chiamando dei grandi tecnici a commissariare ministri già tecnici di per sé. E se già era stato faticoso portare i partiti e i ministri di Monti a discutere nelle medesime stanze, questo con i nuovi super-tecnici appare impensabile.
Uno di loro, Giuliano Amato, deve occuparsi del tema, essenzialissimo per i partiti, del finanziamento della politica. Il personaggio dà ogni garanzia a Pd, Pdl e Terzo polo: sanno di potersi fidare, sanno di avere facile accesso all’ex premier, sanno di non doversi aspettare brutte sorprese. Non è quindi sulle scelte che Amato potrà proporre, che nascono i problemi. Il problema nasce dal fatto che Napolitano ha sempre definito con chiarezza la divisione dei compiti fra governo e partiti: la autoriforma del sistema politico spettava a questi ultimi. Ora la nomina di Amato sembra il sigillo posto a un fallimento.
Purtroppo è vero che sui costi della politica i partiti – anche il Pd, che grazie alle scelte iniziali ha meno da farsi perdonare – si sono mossi in modo tardivo e confuso. Prima con la fretta, poi con la paralisi. Prima d’intesa fra loro, poi scavalcandosi. È comprensibile l’amarezza perché debba essere di nuovo Monti a sottolineare le loro difficoltà. Da soli però sembravano non farcela, è inutile negarlo. A chi preme solo avere un buon risultato finale, a prescindere da chi se ne faccia merito, non resta che tifare perché Amato (e Bondi e Giavazzi, per parte loro) abbiano successo. Il dubbio però è forte. L’edificio semplice e austero del paese riformato dai tecnici comincia a ornarsi di inquietanti svolazzi barocchi.