La crisi come fattore di stabilità
Come mai a intervalli ravvicinati i giornali trasmettono l’impressione di un sistema politico al collasso, con crisi di governo ormai inevitabili e deputati pronti a elezioni in ottobre; e poi i tre segretari della maggioranza escono dal vertice con Monti rassicurati, con un accordo politico rinsaldato e un’agenda che ogni volta si allunga?
O ABC e Monti mentono con abilità al paese e a se stessi, oppure c’è qualcosa che sfugge alla cronaca quotidiana. E si tratta di questo: che il riproporsi della crisi economica, il persistere di una condizione d’emergenza e perfino l’eccitazione intorno ai temi dei costi della politica finiscono per diventare fattori di stabilizzazione di maggioranza e governo.
Chi pronostica crisi a breve dovrebbe anche dimostrare la convenienza, metti caso del Pd, a scassare tutto ciò per cui ha penato dalla caduta di Berlusconi a oggi, comprese un paio di riforme faticose da digerire. Davvero pensiamo che ci sia da guadagnare, nel presentarsi agli elettori sotto il fuoco incrociato di chi rimprovererebbe tanta irresponsabilità in tempi di crisi (compresi i vertici istituzionali, ancora in cima al gradimento degli italiani) e degli eroi dell’antipolitica, che certo non sarebbero più teneri con Bersani per questa eventuale tardiva resipiscenza?
La verità è che c’è un doppio investimento. Su se stessi, sulla capacità di far passare alla fine nonostante tutto il messaggio di chi può, se non altro, provare a risolvere i problemi. E, in negativo, sugli altri. Il ritorno di Grillo sotto i riflettori è positivo almeno per questo: basta ascoltarlo tre minuti, perché un italiano mediamente preoccupato per la propria famiglia si faccia passare la fantasia di affidare a questo buffone il governo del paese. Un buffone di 64 anni che vomita insulti sugli avversari e non ammette il dissenso interno: lo ricordo al giovanilista e amante del direttismo, l’ex ottimo Mario Adinolfi folgorato dalla visione delle cinque stelle.