Monti in Asia
Avranno anche loro grossi problemi, ma India, Corea, Cina e Giappone messi in fila rappresentano una cassaforte di liquidità impressionante, sei volte le riserve di tutta l’area euro. Mercati finanziari ancora aggressivi e in espansione. E anche se dalle dichiarazioni ufficiali ai fatti c’è una distanza da colmare, se Monti tornerà dal suo viaggio avendo rimesso l’Italia nel mirino asiatico, questo sarà un considerevole successo.
Oltre tutto Monti è stato ricevuto nelle capitali asiatiche più da ambasciatore dell’euro, rafforzato dal viatico di Obama, del Wsj, della business community occidentale, che da premier italiano. E anche questo ruolo pare esser stato assolto con qualche risultato.
A fronte di queste dimensioni dell’impegno montiano, le nevrosi romane sul suo rapporto con i partiti appaiono fuori luogo. Non perché Monti non possa essere contestato, o perché gli si possano consentire atteggiamenti di superiorità. Il problema è che i partiti, dal giorno del voto di fiducia, hanno imboccato una strada che non consente grandi scarti. E quanto più Monti ha successo, tanto meno chi lo appoggia può scartare.
Non è un caso che negli ultimi giorni Pd e Pdl si siano rimbeccati su chi volesse segretamente aprire la crisi e andare alle urne: stavano entrambi precostituendo (Casini lo fa da mesi) l’argomento polemico contro l’avversario eventualmente colpevole di far saltare l’operazione “salva Italia” impersonificata da Monti stesso. Insomma: forse sono innervositi dal successo del premier, certo ci tengono ad apparire i suoi più saldi sostenitori.
Vista la malizia comunicativa del personaggio, non c’è da dubitare che al suo ritorno dall’Asia Monti troverà il modo, in tandem col capo dello stato, di mettere anche questo ulteriore risultato diplomatico sulla bilancia. Sulla bilancia di che cosa? Parlando di ambizioni personali, di qualcosa di più elevato della presidenza del consiglio italiana. Parlando di equilibri politici, di un assestamento del paese su un modello liberale dal quale sia difficile discostarsi per chiunque venga dopo.