Tocca farsi carico anche del Pdl
Per tutta la giornata si viaggia sul filo dell’incidente. Poi a sera tutto (più o meno) si rimette sul binario giusto, quando Bersani raffredda la polemica con il dirimpettaio Alfano a proposito del mancato vertice dei tre segretari con Monti.
Nel frattempo a Montecitorio il Pd vince un inopinato braccio di ferro col governo, o meglio con un suo componente: il sottosegretario Polillo (quello che aveva giorni fa candidato Berlusconi al Quirinale) che aveva tentato una forzatura sul decreto semplificazione smentendo il viceministro Grilli. Finisce con palazzo Chigi costretto a smentire il protagonismo del suo sottosegretario.
La storia del vertice saltato conferma che, sì, il governo Monti nasce e in un certo senso approfitta della crisi del sistema dei partiti. Ma che quando la crisi si avvita fuori controllo, come sta capitando nel Pdl, da opportunità si trasforma in rischio mortale per gli stessi tecnici. Consapevole di questo Bersani tiene il punto (sulla necessità di prendere decisioni sulla governance Rai, col consiglio d’amministrazione in scadenza) ma non affonda il colpo: dopo tanto chiacchierare sui mal di pancia democratici, ora abbiamo la certezza che al Pd conviene che Monti sia saldo, e di restare a sua volta saldo come partito locomotore della maggioranza. In un certo senso – davvero è paradossale – nell’interesse nazionale tocca perfino farsi carico delle convulsioni del postberlusconismo. La boutade bersaniana di offrire la propria serata televisiva da Vespa a Berlusconi e ad Alfano è una metafora della situazione politica.
Chiaramente il Pd ha ogni convenienza a comportarsi così. La crisi dell’ormai ex centrodestra si consuma fra scandali e lotte di potere, e avrà un suggello elettorale entro due mesi. Il duello per aggiudicarsi l’egemonia sulla stagione di Monti e sul suo seguito potrebbe risolversi lì: molto meglio che nelle schermaglie a mezzo stampa e nei vertici fra segretari.