Il PD e la manovra
C’è un modo positivo, attivo, utile per farsi passare il mal di pancia causato ai democratici dalla manovra di Monti, ed è quanto stanno facendo Bersani, Letta e gli altri per riscrivere le voci meno accettabili. Come sempre, il governo aveva già previsto di concedere ai partiti qualche margine di correzione: la cosa interessante è che Pd e Pdl convergano sul punto più iniquo (la de-indicizzazione di pensioni già basse) e su quello a maggiore impatto, cioè l’Ici sulla prima casa. Vedremo da dove riusciranno a tirar fuori i soldi per le modifiche: su questo l’accordo è più difficile.
Questo tipo di lavoro consentirà al Pd anche di presentare qualche risultato alle piazze sindacali, sapendo che almeno la Cgil non si accontenterà in alcun caso: per loro a essere indigeribile è l’intervento strutturale sulle pensioni, che però è parte qualificante e irrinunciabile dell’operazione.
C’è poi un modo improduttivo e pericoloso di curarsi il mal di pancia. Ed è insistere sul messaggio che il Pd con questo governo non c’entra nulla, che il Pd ci mette i voti in parlamento ma non la volontà né la responsabilità, infine che il Pd è già deluso e medita di staccare la spina appena possibile a un governo elettoralmente compromettente e scoperto a sinistra.
Oltre a essere alla lunga insostenibile, questo atteggiamento rischia di far credere che il Pd stia subendo questa fase (quando invece l’ha promossa) e che non si trovi a proprio agio con l’impostazione data da Monti alla sua azione. Siccome invece è proprio di questo che c’è bisogno, bisognerebbe evitare che una riluttanza di oggi possa essere domani interpretata dagli elettori come impreparazione ad assumere per intero su di sé l’onere di riformare il paese.
Da questo punto di vista sarà importante per i dirigenti nel Pd non generare equivoci. I sindacati hanno le loro ragioni per contestare la manovra. Ci si aspetta che chi invece ha deciso di sostenerla lo faccia dovunque, anche sui giornali e nei confronti dei sindacati stessi.
Abbiamo già visto politici che avversavano nei cortei il governo che appoggiavano in parlamento: s’era deciso di non farlo mai più.