Monti, e il dopo comincia subito
È successo in poche ore ciò che Berlusconi ha sempre temuto: al primo vero passo indietro del fondatore, il Pdl è imploso. È bastata una mattinata sotto i colpi della speculazione internazionale, con le opposizioni abili a muoversi e un presidente della repubblica fermo a difesa dell’interesse del paese, e quello che non era un partito ma una costruzione improvvisata è venuto giù di schianto.
Il crollo del Pdl sembra aver spalancato la strada a una soluzione della crisi di governo rapida (quando già sembravamo avviati a ogni tipo di manovre) e almeno sulla carta fortissima. Una soluzione alla quale Giorgio Napolitano ha apposto un suggello che ne esalta l’esperienza, le doti di statista e l’assoluta e incontrastata leadership sull’attuale (e futura) fase politica.
La nomina di Mario Monti a senatore a vita non è solo il frutto di consultazioni già svolte de factonel centrodestra e nel centrosinistra: contiene in sé tutte le risposte alle possibili obiezioni che saranno mosse al momento dell’incarico, verosimilmente lunedì prossimo. Perché allora Monti sarà un politico, non più un tecnico, di diretta fiducia presidenziale oltre che di indiscussa caratura internazionale, una personalità non riutilizzabile né ingombrante (nel caso, per il centrosinistra) quando arriverà il momento di andare alle elezioni.
Il fatto che Monti fosse il primo dei nomi fatti in questi giorni dal Pd varrà da vincolo anche per questo partito, quando sarà chiamato a condividere scelte, magari difficili, di stampo schiettamente liberale. Non potrà che avvantaggiarsene, anche nel caso che Vendola e Di Pietro si tengano le mani libere: le aspettative nel paese sono perché le riforme si facciano, e i consensi che potrebbero eventualmente (ma non credo) scivolare via sarebbero ampiamente compensati, con guadagno.
La partita naturalmente non è chiusa, ma la determinazione mostrata ieri dal capo dello stato lascia pochi margini ai dubbi.
Onestamente dal suo punto di vista, Bossi si è già collocato all’opposizione, con un ritorno alle origini della Lega che ha però una sola vittima designata: il Pdl, la cui strada si fa ancora più stretta.
I venti giorni di melina che martedì sera sembravano una gran trovata si sono ridotti a quattro. Da qui a lunedì.
Gli ultimi giorni di Berlusconi a palazzo Chigi. E del berlusconismo al potere.