Il voto non è la cosa migliore
Berlusconi ha scelto la strada più ovvia, quella che concede qualche ora o qualche giorno di respiro a lui, anche se aggrava la situazione del paese. Un accordicchio con la Lega al livello più basso possibile, l’unico livello alla portata di un governo che nessuno considera più tale, neanche coloro che dovrebbero appoggiarlo. Basta chiedere al primo parlamentare di maggioranza che si incontra: l’unica loro aspirazione è arrancare fino a dicembre, gennaio, per poter chiudere la legislatura di propria iniziativa, senza essere cacciati e senza vedersi sostituire da un altro esecutivo che gestisca le elezioni anticipate.
Questo è il mediocre orizzonte politico nel quale si inserisce la lettera che oggi Berlusconi recapiterà a Bruxelles. Può darsi che la accompagni con qualche intemerata contro l’arroganza franco-tedesca, del tipo di quella proposta ieri da Giuliano Ferrara ai pochi intimi convenuti per protestare davanti all’ambasciata di Francia.
Difficile che lo faccia davvero, però: l’Italia è sotto schiaffo in Europa, possiamo solo sperare che nella crisi complessiva la Commissione, l’Eurozona e la Bce non vogliano affondare il colpo contro di noi. Se ci sarà sospensione di giudizio non sarà certo per le garanzie offerte dal governo di Roma, ma per una valutazione politica di opportunità.
Se invece fosse vero, come dice Bossi e come pare verosimile, che l’Europa ha deciso di liberarsi di Berlusconi, allora di umiliazioni ne dovremo sopportare altre. In ore così incerte sono importanti i segnali delle forze responsabili.
Napolitano ha bisogno di sapere con certezza che esiste un paracadute per la crisi, nella forma di un governo d’emergenza. Per il Pd, Bersani e Letta glielo hanno assicurato.
È vero, come scriveva ieri l’Unità, che il voto anticipato rimane l’esito più probabile. Sarebbe però sbagliato se il Pd desse, sia pure indirettamente, l’impressione di puntarvi fin d’ora, senza soluzioni-cuscinetto mirate soprattutto alla riforma elettorale: sono difficili ma necessarie.