Buone notizie sui referendum
Dal fronte referendario arrivano buone notizie. È regolare, massiccio, l’afflusso di firme ai tavoli allestiti in tutta Italia. Parisi smentisce le cifre ottimistiche pubblicate (addirittura 400 mila firme già raccolte) ma c’è fiducia nella possibilità di raggiungere l’obiettivo.
Come racconta Europa – il giornale che dirigo – ci sono situazioni – oggi citiamo fra le altre Torino – per le quali si può parlare di vero boom. In più, molte Feste democratiche chiudono i battenti, però i tavoli si trasferiscono nelle città trovando un pubblico altrettanto desideroso di liberarsi dal Porcellum.
Tra le notizie positive va annoverata la dichiarazione di D’Alema: «Le firme le stiamo raccogliendo noi in parte notevole, e altri prendono i meriti. Noi facciamo la campagna e come spesso succede i promotori dei referendum si prendono i rimborsi. È una posizione comoda, ma va bene». D’Alema ha ragione su tutta la linea. Perché ormai i distinguo dei vertici del Pd sono travolti dall’attivismo di federazioni, circoli, singoli militanti, tutti impegnati ai tavoli.
Sembra così lontano il luglio scorso: Bersani che diceva che promuovere un referendum elettorale era «da pazzi», la Cgil che appoggiava un quesito di contenuto opposto (di cui arbitrariamente si attribuiva l’idea al medesimo D’Alema), Orfini che criticava i dirigenti democratici pro-Mattarellum perché «così si divide il partito». In effetti, il partito non è diviso: lavora tutto per il referendum Parisi, come sottolinea D’Alema, e generosamente offre i meriti (e i rimborsi) dell’eventuale successo a Di Pietro e a Vendola, non avendo accettato il venale consiglio di chi (come Europa) suggeriva di entrare a pieno titolo nella campagna.
Ma noi non lo dicevamo per i soldi: era solo l’ingenuo desiderio di vedere il Pd allineato con la propria gente (lo stesso desiderio che ci ha portato ad allestire un tavolo in redazione, con un buon ancorché simbolico risultato). Più raffinato, al solito, il calcolo di D’Alema: che ha fatto pensare di essere contrario al referendum (per illudere Casini) mentre in realtà, come si capisce solo oggi, ne auspicava e anzi organizzava il successo.