Cosa dice Napolitano al Pd
L’unico colpo di fortuna da mesi, Berlusconi neanche se lo merita. La fine di Gheddafi fa respirare i mercati, calare il prezzo del greggio e libera un po’ di risorse ora destinate alla partecipazione italiana alla guerra. Fosse stato per Berlusconi, o per la Lega più recentemente, il raìs sarebbe ancora al suo posto oppure l’Italia sarebbe oggi dalla parte degli sconfitti. Ma ci sarà tempo per tornare sull’argomento di una politica estera italiana (fortunatamente) commissariata (dal Dipartimento di stato) come sono commissariati dall’Europa i nostri ministri economici. Il sollievo libico è molto relativo per noi, i giorni a venire rimangono cruciali e rimane sconvolgente lo spettacolo di una maggioranza di governo sbandata e fuori controllo.
Il capo dello stato a Rimini è stato di una durezza senza precedenti, nella condanna della condotta economica del paese non nell’ultima crisi bensì negli ultimi tre anni, cioè esattamente nell’arco della legislatura. I ciellini hanno tributato a Napolitano ripetute ovazioni, a conferma del fatto che il presidente è ormai l’interprete riconosciuto dell’opinione nazionale di ogni tendenza. Del resto il crollo di Pdl-Lega nei sondaggi conferma che il giudizio del Quirinale sul governo è, appunto, il giudizio di una stragrande maggioranza.
Per lo stesso motivo, il Pd non dovrebbe né sottovalutare né derubricare a mossa tattica la critica che Napolitano ha voluto rivolgere anche all’opposizione. Anche qui, rischia di esserci sintonia fra quel giudizio negativo sulla ritualità delle posizioni espresse contro la manovra, e il fatto che gli italiani non sembrano ancora confidare nel Pd come forte alternativa all’attuale disastro.
Il punto è che un po’ della partita sul dopo-Berlusconi si sta già giocando, con players che non sono soltanto presenti in parlamento. La sortita di Montezemolo (elaborata quanto ai contenuti dall’ottimo Nicola Rossi, una brutta perdita per il Pd) fa sorgere una domanda. E se gli italiani trovassero convincenti, più che le ricette che rassicurano le costituencies tradizionali di pensionati e lavoratori dipendenti a basso reddito, lo strappo in avanti di chi propone riforme più drastiche e magari dure, in cambio però di una stagione politica con personaggi nuovi (o sedicenti nuovi)?
Oggi Bersani mantiene l’impegno a presentare la ricetta democratica per la crisi. Un gesto serio e autorevole. Il segretario sa però che risultare più credibili di Berlusconi ormai è facile, non basta già più. Il salto di qualità è guardare negli occhi gli italiani, tutti gli italiani, e dire loro anche le verità che possono far loro male: loro lo preferiranno.