Arrendetevi, per il bene dell’Italia
Era il lunedì della verità. E la verità è arrivata, amarissima. Non da un’aula di tribunale, non da un giornale nemico, non da una intercettazione telefonica. La verità che condanna Berlusconi è arrivata da quel luogo impalpabile ma concretissimo che è il mercato finanziario internazionale. Gente che guarda insieme alle cifre e alle prospettive, non decide per simpatia ma per calcolo, mette il pilota automatico quando un paese è evidentemente troppo debole per reggere alla speculazione.
I soldi fuggono dall’Italia di Berlusconi, impoverendola ogni ora di più. Non potrebbe esserci nemesi più crudele per l’uomo dall’eterno sorriso che aveva incitato gli italiani ad arricchirsi, illudendoli su un futuro che si sta capovolgendo in incubo.
Il 70 per cento del paese si dice consapevole dei rischi che corriamo: la giornata di ieri, col crollo della Borsa e l’aggravarsi dell’allarme Italia in Europa, rafforzerà questa convinzione e innescherà una spirale ulteriormente negativa. La manovra è già alle spalle, già superata anche se non dimenticata con i suoi rinvii, le sue iniquità (alle quali si ribellano, a macchia di leopardo, le Regioni) e la fuga dal taglio ai costi della politica.
È patetico, e sarà del tutto infruttuoso, il tentativo del governo di recuperare sul piano dell’immagine col disegno di legge di riforma costituzionale (figurarsi, tempi biblici) di Calderoli. Fa bene il Pd a ricordare che misure efficaci per ridare credibilità alla politica potevano a questo punto essere già esecutive, se Pdl e Lega non le avessero silurate al momento di votare la manovra: la stalla è vuota, i buoi sono fuggiti, il malcontento contro i Palazzi – esagerazioni comprese – è incontenibile e colpirà più degli altri i partiti di governo.
In questo scenario drammatico e a suo modo grandioso, si rimpicciolisce la figura di Alfano. Berlusconi non è capace di sostituirlo dunque pare che dovrà rimanere ministro almeno fino a settembre, inabile a svolgere la missione di salvatore del Pdl: uno in più nella lista (sterminata) di coloro che ormai saluterebbero come una liberazione la resa del governo.