Bossi ha tolto una chance al centrodestra
Avevamo avvertito di non aspettarsi nulla da Pontida. Infatti Umberto Bossi ha detto ancor meno di nulla, suscitando anche un certo sconcerto fra i suoi. Eppure basta «meno di nulla», nell’alveare del governo e della maggioranza, per causare l’impazzimento. Sicché oggi in parlamento, sulla vicenda paradossale per non dire ridicola del trasferimento dei ministeri a Monza, Pdl e Lega rischiano di farsi male da soli. A gratis. Per niente. Per meno di niente.
Potrebbe perfino succedere che la crisi esploda per caso, in una qualsiasi delle prossime settimane. Se la Lega l’avesse chiesta e provocata, potrebbe provare a ricavarne un vantaggio. Dopo il deprimente spettacolo di Pontida qualsiasi crisi ormai colpirebbe Berlusconi e Bossi allo stesso modo.
Dopo anni trascorsi a denunciare la dipendenza di Berlusconi da Bossi, o il reciproco, almeno questo punto ormai è chiaro: due leader che hanno scritto un pezzo della storia d’Italia, entrambi menomati nel fisico, nella credibilità e nella lucidità, si sostengono a vicenda per ragioni pre-politiche, fino al momento in cui entrambi cadranno.
Col rischio, a quel punto, di trascinare con sé i rispettivi movimenti, incapaci di darsi strutture di comando e di democrazia permanenti, insomma di costituzionalizzarsi.
Nel centrodestra sanno benissimo che una larga sconfitta elettorale (nel 2012 o nel 2013, e più tardi è, peggio è per loro) sarebbe evitabile solo con mosse audaci, cambi di leadership non fittizi ma reali, rovesciamenti di tavolo. Ne sono impediti dalla natura stessa di Pdl e Lega, da quella concentrazione autocratica che ha fatto le fortune dei due partiti in un’epoca ormai superata, irrecuperabile.
Domenica Bossi non ha fatto un favore a Berlusconi: ha tolto un’altra chance al centrodestra. E alla sua gente, che non avrà mai né l’invocata secessione né i ministeriali di Calderoli.
Gli toccherà consolarsi con gli elmi con le corna.