Scontri anche in Italia, in tv
Fin qui è una boutade, uno scherzo da scambiarsi sui social forum. Speriamo solo che qualcuno non si faccia suggestionare troppo perché è vero che di questo passo in Italia potrebbe apparire desiderabile una scossa di tipo tunisino o addirittura egiziano. Non perché siano paragoni anche solo pensabili, bensì per il disperato bisogno di uno sblocco che pare impossibile dentro le mura della cittadella politica, assediata in Italia non dalla furia dei manifestanti ma da disprezzo e sfiducia.
Per fortuna non succederà nulla del genere, ma non perché l’incredibile paralisi italiana (ormai oggetto di studio nel mondo occidentale) possa risolversi seguendo le ordinate procedure di un conflitto politico democratico. Questo purtroppo pare impossibile, per una somma di arbitrii, errori e paure che finiscono per fare somma zero: diciamo la verità, nessuno sa come uscire dalla paralisi che attanaglia tutti e tutto, a cominciare dall’attonito partito di maggioranza stretto senza speranze intorno a un Capo irrimediabilmente azzoppato.
Non sappiamo se la Cei si renda conto dell’enormità del concetto usato ieri per descrivere l’Italia: «disastro antropologico». Perché da un disastro antropologico non si esce per via ordinaria e “istituzionale”. Ed è impensabile e non auspicabile che se ne esca con rivolte popolari e i blindati nelle strade.
Rimane, non a caso, un solo luogo dove il conflitto italiano possa dispiegarsi pienamente: la televisione. Esattamente quello che sta succedendo. L’analogia con la fine della Prima repubblica è forte.
I videomessaggi di Berlusconi (quello di ieri è arrivato quando se ne aspettava uno di Mubarak, per dire…), l’assalto a Lerner, l’umiliazione che il direttore generale della Rai si è auto-imposta davanti ai sette milioni di Annozero: sono già momenti topici. Ce ne saranno altri. Il maldestro Masi ha ribattezzato Santoro leader e lui ha subito risposto: nell’immediato con una puntata killer contro il Pd, a freddo riesumando i girotondi in sostegno dei giudici di Milano. Si tenta il remake del ’92, quando in piazza per Di Pietro andavano Msi e Lega ma vero teatro della pseudo-rivoluzione erano i talk-show televisivi.
Si sa come andò a finire.