Quanto è sbagliato il tempo?
Il tempo mi è sempre parso un argomento interessante — non il tempo atmosferico, che pur interessante nel suo evolversi, diventa particolarmente noioso quando usato come argomento di innumerevoli conversazioni quotidiane — ma il tempo come trascorrere di eventi, futuro-passato-presente, e in particolare della sua nomenclatura.
Denominare un istante di tempo in modo soddisfacente è incredibilmente complicato, perché è un compromesso, e pure uno con molti fattori in gioco. Vorremmo mantenere la sincronia tra le stagioni e il giorno dell’anno, ma un anno e un giorno non sono commensurabili; quindi permettiamo piccole oscillazioni che compensiamo di tanto in tanto con gli anni bisestili, e siamo diventati sempre più bravi a farlo passando dal calendario giuliano a quello gregoriano. Di conseguenza, prendendo la media su molti anni, un anno corrisponde esattamente a un giro completo della Terra attorno al Sole… anzi no, perché il ciclo delle stagioni non è equivalente ad un giro completo, ma a circa 359,98 gradi attorno al Sole. Compromessi.
Vorremmo anche la sincronia tra l’ora del giorno e la posizione del Sole, ma il sistema solare, per quanto stabile, certamente non lo è abbastanza da tenere il passo con gli orologi atomici. Per questo ogni tanto inseriamo o togliamo un secondo (secondo intercalare), arbitrariamente, per mantenere la differenza sotto controllo. Sì, di tanto in tanto sono le 23:59:60.
E queste considerazioni sono su uno specifico meridiano. Se volessimo mantenere la sincronia tra l’ora del giorno e la posizione del Sole su ogni meridiano, ciascuno dovrebbe avere un orario diverso. Magari due secoli fa questo poteva avere senso, ma ora sarebbe improponibile. All’altro estremo, sarebbe estremamente comodo poter chiamare un istante di tempo nello stesso modo indipendentemente dal continente in cui ci troviamo, ma siamo anche gelosi di svegliarci alle 7:00 e di cenare alle 20:00.
Spero che queste ragioni (ce ne sono altre, anche senza chiamare in causa cultura e religione) bastino per dimostrare la mia tesi: dare un nome al tempo è complicato. Per questo, la tolleranza per ogni nuovo vincolo dovrebbe essere molto bassa: i vantaggi dovrebbero essere enormi per giustificarlo.
L’ultimo arrivato di questi vincoli non arriva nemmeno vicino a questa soglia. Anzi, sembrerebbe che, anche se qualche vantaggio ci sia stato alla sua introduzione un secolo fa, l’effetto ora sia negativo. Sto ovviamente parlando dell’ora legale (DST in inglese).
Sebbene per molti l’effetto negativo sia ormai solo il biannuale appuntamento con le istruzioni del microonde, dato che la maggior parte dei nostri orologi si regolano automaticamente via radio, per chi invece lavora nella gestione del tempo l’ora legale introduce periodiche irregolarità, che altrimenti rimarrebbero sporadici eventi causati solo dal cambio dell’orario da parte di un paese. L’altro ieri siamo passati direttamente dalle 1:59:59 alle 3:00:00, mentre le 02:00:00 del 25 ottobre 2015 accadranno due volte. D’accordo, alle due di notte non succede molto, ma qualsiasi calcolo o statistica che attraversa queste ore deve tenerne conto. Inoltre, per chi collabora con persone in altri paesi, la differenza di fuso non è costante: se solo uno dei due adotta l’ora legale, ma anche se l’ora legale inizia in due momenti diversi (per esempio, incredibilmente tra Stati Uniti ed Europa c’è una differenza di due settimane)
L’effetto dell’ora legale è quello di spostare la parte illuminata dal Sole più avanti nel giorno, o equivalentemente di spostare più avanti il “mezzogiorno solare” (cioè, il momento in cui il Sole è allo zenit). Ma quand’è lo zenit? Naturalmente, quasi dappertutto dovrebbe essere tra le 11:30 e le 12:30… solo che non è così. Questa prima mappa rappresenta l’ora dello zenit, senza considerare l’ora legale: le zone rosse corrispondono a luoghi dove lo zenit è dopo le 12:00, mentre le zone blu, al contrario, dove lo zenit è prima delle 12:00; e mostra chiaramente quale sia la preferenza.
La nazione più evidente è sicuramente la Cina — anche se dimostra più la volontà di unificare la nazione piuttosto che quella di posticipare lo zenit (il fuso è centrato sulla capitale). In ogni caso, i poveri abitanti della parte occidentale vedono mezzogiorno alle tre del pomeriggio (e le loro ore di luce vanno dalle 9:00 alle 21:00, come in un’ora legale estrema). Il monofuso cinese crea anche altre stranezze, come l’ampia differenza con le nazioni confinanti: due ore e mezza con l’India, tre con il Pakistan, e ben tre e mezza sul cortissimo confine afgano.
Anche gli orari di Kazakhstan, Spagna, Argentina, Sudan e buona parte del Maghreb sono sfusati di circa un’ora, e il resto del mondo ha fusi vagamente centrati ma sempre tendenti un po’ a destra: in Europa occidentale, Nord America, Australia e Russia. Per alcune di queste nazioni la ragione è politica o economica: per esempio, la Spagna e` passata dal naturale fuso +0 al +1 durante seconda guerra mondiale per sincronizzarsi con la Germania; e la ragione dell’ultimo cambio di orario dell’Argentina è di facilitare i rapporti economici con il Brasile.
Ma cosa succede quando guardiamo il mondo dopo aver applicato l’ora legale? Questa è la stessa mappa, ma sposta di un’ora avanti tutte le nazioni che applicano l’ora legale (questo non avviene mai contemporaneamente, dato che nell’emisfero australe l’ora legale si applica durante il nostro inverno, ma possiamo immaginare). Ho detto un’ora? Volevo dire, tranne per l’Isola di Lord Howe, unico territorio al mondo dove i 350 abitanti applicano la mezzora legale. Vai a capire.
Buona parte del mondo rimane uguale, ma l’effetto su Stati Uniti, Europa e parte dell’Australia è evidente, per esempio assegnando alla Spagna un fuso solo mezzora migliore di quello della Cina occidentale. Per l’Italia non va nemmeno troppo male: secondo l’ora solare rispettiamo il fuso naturale, e quindi con l’ora legale non andiamo troppo fuori rotta.
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