Il Pride in due parole, anzi cinque
di Silvia Cannata
Il termine pubblicità – abbandonato spesso per più musicali english version tipo advertising etc – deriva dal verbo publicare. E il potente significato di questo verbo latino è “svelare”, “rendere di uso pubblico”.
E se quindi, oggi più che mai nell’era dei social media, la pubblicità e la comunicazione hanno il privilegio di parlare al pubblico e di raggiungerlo per dialogarci, allora la pubblicità può e deve avere un ruolo fondamentale su temi profondi e reali come quello della libertà.
E perché tutto questo preambolo sulla libertà? Perché questo mese, giugno, è il mese in cui si celebra la libertà. L’unicità dell’individuo e la possibilità di vivere in modo libero.
Giugno è il mese del PRIDE.
Ora, domandona: nel 2020 c’è ancora bisogno del Pride?
Proviamo a rispondere, riflettendo su un paio di dati.
Il 68% degli italiani afferma che le persone LGBTQI+ dovrebbero avere gli stessi diritti delle persone eterosessuali.
Questo vuol dire che il restante 32% non la pensa così o non si esprime sul tema. Tanti eh!
E se questo dato non fosse già sufficiente per rispondere alla domanda che sta qualche riga più su, ecco che arriva il secondo dato.
Nel 2019 in ben 70 stati del mondo, l’omosessualità è ancora considerata illegale.
Bene, direi che adesso possiamo rispondere serenamente alla domanda: Sì, parlare di PRIDE è ancora estremamente necessario. Celebrare il Pride è necessario. Raccontare la rivoluzione che ancora oggi rappresenta è necessario. In questo racconto, comunicazione, creatività, brand e media hanno la possibilità di essere parte attiva della rivoluzione, supportando la comunità LGBTQI+ in occasione del Pride Month, e non solo.
Lo ha fatto DIESEL, proprio in questi giorni, con la storia di Francesca e della sua transizione che, pillola dopo pillola, l’ha portata a vivere la vita che desiderava. Un corto che si inserisce perfettamente nel messaggio For Successful Living della marca e che ci fa capire quanto sia importante mostrare e raccontare storie vere che distruggono e superano gli stereotipi.
Storie vere, sì. Perché la pubblicità sta uscendo sempre di più dalla mera fiction – finalmente – per rappresentare le realtà, plurale. Tutte.
E di realtà parla anche Gillette, con la campagna First Shave, che racconta la storia di alcuni transgender alle prese con la rasatura della loro prima barba. Il messaggio è semplice e fortissimo: whenever, wherever, however it happens, your first shave is special.
https://www.facebook.com/gillette/videos/2353380328320259/
Questi esempi ci mostrano che il ruolo dell’advertising è in continua evoluzione e così quello di chi lavora in creatività. Agenzie, marche e media hanno il fantastico compito di facilitare il cambiamento: informando, raccontando, educando se serve.
Per questo motivo in The Big Now/mcgarrybowen abbiamo creato HOW TO NOW – Pride Edition: un coloratissimo e orgoglioso approfondimento da sfogliare, che esplora il tema PRIDE dal punto di vista dell’advertising. A guidarci 5 parole chiave, 5 temi che possono orientare il nostro lavoro e quello dei brand verso una comunicazione valoriale e soprattutto inclusiva.