La parola all’immagine
di Stefano Morelli
Per farmi pinnare, linkare e condividere di più avrei dovuto probabilmente limitarmi a lasciare solo l’immagine qua sopra, senza scrivere altro. Dico scrivere, non a caso. Mi spiego meglio: alcune notizie, fra le altre, hanno interessato particolarmente la comunità digitale e chi, volente o dolente, deve confrontarsi con essa.
Instagram È di pochi giorni fa la news, di cui si è già molto parlato, che Instagram, l’arcinota applicazione che ha rivoluzionato e reso ancora più accessibile l’arte della fotografia (con buona pace dei professionisti del settore), sarà presto in arrivo anche sui dispositivi Android. Il successo di questa, così come di altre app fotografiche (vedi Procamera, Hipstamatic e tante altre), viaggia su numeri planetari: più di 27 milioni di download effettuati, di cui quasi la metà negli ultimi mesi. Improvvisamente è come se ci sentissimo tutti in dovere di postare melanconiche foto di tramonti urbani, close-up bohémien di posaceneri e bicchieri vuoti; senza citare gli immancabili amici a quattro zampe, inconsapevoli soggetti di pose domestiche improbabilmente simpatiche.
Pinterest Tutti ne parlano, molti lo usano, pochi lo capiscono fino in fondo. L’ultimo nato dell’ormai numerosa famiglia dei social network è interamente basato sulla condivisione di immagini, foto, video: “pinnare” un contenuto è già parte del gergo comune. Grazie ad un board dall’interfaccia estremamente intuitivo, un mix che unisce l’efficacia timeline di Facebook alla sintesi di Twitter, Pinterest mette letteralmente in vetrina i nostri interessi, divisi in facili categorie. Sarà forse per questo che, almeno negli States, sembra piacere di più alle donne? In rapida diffusione (anche se in realtà le prime versioni risalgono a un anno fa) è talmente facile da usare che, dati alla mano, emerge che quasi l’80 per cento dei pin sono, in realtà, re-pinnati! Grande viralità e poca creazione di nuovo contenuti.
Facebook Inutile storcere il naso: per quanto si cerchi di evitarlo, alla fine FB salta sempre fuori. Il papà di tutti i social network continua, nel bene o nel male, a monopolizzare l’attenzione degli utenti. ‘Sta benedetta timeline (ma come si faceva prima a vivere senza?) è stata finalmente rilasciata anche per le brand pages. A molti non sembrerà una grande novità, ma vi assicuro che il “travaso” di contenuti in una realtà, in cui le geometrie ed il rapporto di spazio tra immagini e approfondimento testuale mutano radicalmente, non è proprio indolore. Il nuovo restyling infatti, conferisce grande importanza alle immagini e per chi, come noi, ci deve lavorare, è una continua sfida, vista la velocità di consumo, a produrre contenuti interessanti e nuovi.
Queste sono solo alcune delle tendenze che anche un occhio pigro non può non notare. Assistiamo in diretta a una continua evoluzione del linguaggio “nel” e “del” web. La parola, sempre più sintetica e costellata di abbreviazioni, inglesismi ed acronimi, al momento sembra soccombere contro la forza e la vitalità dei più moderni e “facili” contenuti visivi.
In principio c’erano i blog che vivevano grazie al potere evocativo dell’epos; poi l’evoluzione tecnologica ci ha permesso di unire alla parola l’immagine che, rapidamente, è diventata infografica, video, “realtà aumentata”. La parola si è contratta, si è chiusa in 140 caratteri (Twitter), si è messa al servizio della timeline di FB e, oggi, in Pinterest rischia di essere relegata a ruolo di tag. Tutto molto interessante, molto eccitante e moderno ma mi viene un dubbio: come dicevano i futuristi, il secolo dell’immagine non doveva già essere il ‘900?