Onda su Onda: qualcosa che non ti aspetti
Un film imperfetto, ma con tre grandi punti di forza.
Premessa: conosco un sacco di gente nel mondo del cinema e della televisione e di solito non faccio recensioni proprio perché penso che nessuno crederà alla mia buona fede.
Onda su Onda, però, merita uno strappo alla regola.
Cominciamo dalla storia. Gegè (Papaleo) è un cantante dimenticato e in disarmo da tanti anni, Ruggero (Alessandro Gassman) un cuoco dal passato misterioso, introverso al limite della patologia. I due si incontrano su una nave cargo che va in Uruguay, dove il primo dovrà tenere un concerto, e si stanno decisamente sulle scatole. Quando il cuoco accetterà di sostituire Gegè dopo che questi ha perso la voce, diventeranno amici. Ci sarà poi una svolta imprevista che dovete scoprire da soli.
Il film è sostanzialmente diviso in tre parti: il viaggio in cargo, la scoperta di Montevideo e la storia d’amore e morte che si intreccia verso la fine. Non è un film perfetto, ha un sacco di inizi e un sacco di finali. La regia è scarna, senza grandi voli, si capisce che la prima parte sarebbe dovuta durare molto di più e che è stata affettata per ragioni di minutaggio, ci sono momenti meno felici e un po’ di casino.
Però me lo sono bevuto e non mi sono mai annoiato, neanche un secondo, perché il film possiede tre pregi decisamente rari nel panorama del cinema italiano.
Il primo, anche se sembra paradossale, è che non cerca di farti ridere a tutti i costi. Si ride, soprattutto nella seconda parte, ma come si ride con un paio di amici un po’ cazzoni (anzi tre, se contiamo il capitano della nave interpretato da Massimiliano Gallo), non per gag infilate a forza.
Il secondo pregio, questo ancora più raro del primo, è che Papaleo, insieme con Valter Lupo e la Pontremoli, ha pervicacemente rifiutato regole e cliché narrativi, cercando una strada che si adattasse alla sua visione del mondo. Per capirci, il modo più classico di raccontare questa storia sarebbe stato quello di cominciare proprio da Gegè nella sua miseria, con i suoi sogni infranti di grandezza. Lo avremmo visto mentre riceve l’invito inaspettato per poi zac, ritrovarlo a Montevideo pronto a spaccare il mondo. Ruggero sarebbe stato il cuoco di un ristorante italiano e sarebbero diventati nemici/amici già in terra straniera. Tutto più compatto, liscio.
Prevedibile.
Invece, si prende il lusso del tempo, dell’ingresso morbido, del superfluo, costringendoti ad adattarti al suo ritmo ad accettarlo anche nelle sue imperfezioni. Per questo, davvero, non sai mai cosa succederà e se lo immagini, non sai come.
Il terzo pregio è che i pezzi musicali sono molto belli, e il cuore musicale di Rocco fa battere la macchina da presa a tempo con i suonatori. L’irruzione del cameriere cantante lirico, il fisarmonicista da strada, la banda di marinai dall’aria smarrita sono dei piccoli gioielli. Ne avrei voluti di più. Avrei voluto che tutto il film fosse musicale, forse.
Per questo, credo che Papaleo sia pronto per il salto. Se c’è un regista italiano capace di mettere in piedi il nostro Buena Vista Social Club, magari girando tra i musicisti popolari lucani o dell’Italia intera, riscoprendo brani dimenticati e artisti invisibili, quello è lui.
Sono pronto a comprare il biglietto in anticipo e sulla fiducia.