Suoni della notte
Nella primavera del 2014 stavo scrivendo un romanzo che sembrava allungarsi da solo e per terminarlo avevo deciso di rinchiudermi nel casale che abbiamo comprato nelle Marche, una vecchia costruzione in pietra circondata da campi e colline, dove i vicini più vicini sono a circa un chilometro. Ci si arriva attraverso una strada bianca che termina subito dopo casa mia, e di giorno c’è pochissimo movimento di persone, fatto salvo contadini col trattore e cacciatori. L’ideale per starsene tranquilli, se non hai paura della solitudine.
Mi accorsi del rumore la seconda notte. Disteso nel letto, con l’orecchio poggiato al cuscino, percepivo una bassa vibrazione che sembrava salire dal piano inferiore dove si trova la cucina. Giudicai che si trattasse del compressore del frigorifero e scesi a spegnerlo. Normalmente me ne sarei fregato, ma era stata una brutta giornata per quanto riguardava la scrittura – a volte vai come un treno, a volte arranchi – ed ero irritato e insonne. Quando tornai a letto, il rumore era ancora lì, sotto il mio cuscino. Sembrava, adesso che ci facevo caso, quello di un generatore elettrico o di un motore lontano.
Forse la caldaia, pensai. Spensi anche quella, e poi, visto che il suono non cessava, tolsi completamente la corrente alla casa. Niente da fare: il suono continuava solo che adesso mi pareva venire da fuori.
Uscii nel giardino in mutande e con la pila arrancai lungo i campi alla ricerca del suono fantasma, una scena che vista da fuori avrebbe fatto dubitare della mia sanità mentale. Non riuscii a capirne la direzione. Anzi, fuori il suono era molto più debole, come se la casa facesse da cassa di risonanza e amplificatore: bastava un fruscio nell’erba per farlo sparire. Tornai a letto con le pive nel sacco, ma a quel punto ero abbastanza stanco per addormentarmi. Il problema fu che, avendo appuntato la mia attenzione su di esso, adesso percepivo il suono anche di giorno, una sorta di MMMM persistente e vagamente ondulatorio.
Nei giorni seguenti, feci diversi esperimenti. Il suono era maggiormente percepibile in alcune stanze, ma non riuscii a stabilire la direzione di provenienza nemmeno costruendo un cornetto acustico con un tubo di carta. Non dipendeva dal vento o in generale dal clima, non cessava mai: se non lo sentivo era solo coperto da altri suoni. Bastava una radio al minimo per farlo sparire, una conversazione.
Me lo stavo immaginando? Era un sintomo dell’infarto incipiente (cerco sempre i sintomi dell’infarto), dell’ictus (cerco sempre i sintomi dell’ictus), della demenza? Di sicuro, non si trattava di un acufene, che sapevo avere altre tonalità.
Nelle settimane che seguirono sottoposi chiunque venisse a trovarmi al test del suono. Lo facevo sedere nella stanza maggiormente “risonante” e gli chiedevo di ascoltare. Nessuno sentiva niente, anche se per darmi soddisfazione facevano tutti la faccia concentrata dicendo “mi pare… forse…”, rendendomi idrofobo. Ne parlai con la geometra, studiando un possibile muro anti vibrazioni, con gli elettricisti che ipotizzarono il suono nei fili, con l’idraulico che ipotizzò il vento che saliva lungo i tubi. Ma il suono rimase e così il suo mistero.
Fino a oggi. Perché oggi ho scoperto che ha un nome. Si chiama HUM. Il problema è che nessuno sa che accidenti sia l’HUM e chi lo dice più o meno tira a indovinare. La sua prima definizione fu quella di Brusio di Taos, perché la prima volta che se ne parlò fu nella città omonima del Nuovo Messico, dove il fenomeno fu rilevato negli Anni Settanta. Rilevato forse non è la parola giusta, perché chi indagò – scienziati, curiosi e ciarlatani – aveva come riferimento solo la parola di chi percepiva il Brusio, che era impossibile da registrare. Negli anni che seguirono, sino a oggi, il suono è ritrovato in altre parti del mondo, e qualcuno è anche riuscito a metterlo su nastro, anche se i sample che ho trovato in rete sono diversi l’uno dall’altro, tra i 30 e g gli 80 Hz. Qui c’è un esempio, se volete provare, abbastanza simile a quello che sento io: è molto basso, e dovete alzare al massimo il volume per sentirlo. E forse non lo sentirete…
Da allora, qualcuno ha provato a trovare una spiegazione, ma senza capirci molto. Siccome è un’esperienza molto soggettiva, la comunità scientifica fatica anche ad accettarne l’esistenza. Attualmente le teorie variano dai campi elettromagnetici agli Ufo, come quasi per tutto quello che non si capisce. Pare assodato, comunque, che sia sentito al massimo dal due per cento della popolazione soprattutto dagli over 50.
C’è anche una spiegazione medica, ovvero che si tratti di un effetto provocato dall’irrigidimento del muscolo tensore del timpano. Un effetto dell’età, dunque. Se posso scegliere, preferisco pensare di essere tra i pochi eletti che sentono i richiami extraterrestri o canti segreti delle balene, ma sono abbastanza obiettivo con la mia decadenza fisica per considerare come più probabile l’ipotesi senile. A ogni modo, se anche voi ne avete esperienza, potete compilare una scheda sul database, e aggiungere un puntino alla mappa.