Spread e spumante
Di Roberto Toninello
Spread, questo sconosciuto.
Per le periferie spread equivale a speculazione finanziaria, il brutto volto del capitalismo.
Per il sottoproletariato spread è una roba che non li riguarda, se ne fottono altamente dello spread.
Per gli abitanti del centro città invece la parola spread equivale a probabili nuove tasse.
Per me spread è il termometro che misura la quantità di denaro che trasferiamo dalle tasche dei più poveri nelle tasche dei più ricchi.
Spread ovvero Robin Hood alla rovescia.
Per proseguire serve qualche calcolo. Lo so, la matematica non è simpatica a tutti. Però se vogliamo capirci qualcosa non possiamo farne a meno.
Allora, lo spread ci dice quale tasso di interesse aggiuntivo dobbiamo pagare per far comperare i nostri titoli di stato agli investitori rispetto a quanto costano gli stessi titoli ai tedeschi. Quanto valgono 100 punti di spread per le casse dello Stato? Calcolo semplice, cento punti equivalgono all’1% in più dei titoli tedeschi. Allora, il nostro debito pubblico è di duemilatrecento miliardi, l’un per cento di questa cifra è 23 miliardi l’anno di costo aggiuntivo per le casse dello Stato.
Facile. Ma sbagliato.
Infatti non tutti i titoli di stato scadono tutti i giorni. Quelli a cinque anni scadranno appunto tra diversi anni, nel frattempo il loro tasso di interesse resta quello definito nel momento dell’acquisto. Mediamente il nostro debito si rinnova in sei anni.Quindi ogni anno scadono, e devono essere di nuovo comperati dagli investitori, meno di 400 miliardi, ovvero 2.300 miliardi del debito totale diviso sei anni di vita media dei titoli di Stato.
Sin qui tutto chiaro?
Dubito. Dubito non della vostra intelligenza ma perché il fottutissimo spread è davvero ostico da comprendere.
Per essere più semplici possiamo dire che ogni giorno dell’anno, Natale Pasqua e domeniche comprese, dobbiamo trovare gli acquirenti di un miliardo di euro di titoli pubblici, cioè i circa 400 miliardi di titoli in scadenza in un anno diviso i 365 giorni di un anno. Quindi possiamo dire che ogni giorno dell’anno cento punti di spread ci costano 10 milioni di euro, cioè l’un per cento di un miliardo di Euro. Così è più facile.
Anche se a questo punto vi è tutto un poco più chiaro, immagino che vi state domandando cosa centrano tutti questi calcoli con lo spumante messo nel titolo. E allora spumante sia!
Recentemente sono stati finalmente ridotti i famosi vitalizi degli ex parlamentari, oggi pensionati. Risparmio stimato, quaranta milioni di euro, l’anno. Alè alè, festeggiamenti. Coriandoli e bottiglie di spumante. Il governo ha festeggiato in Piazza di Montecitorio il raggiungimento di questo storico successo. Peccato che nel frattempo lo spread sia schizzato duecento punti sopra il livello raggiunto prima che questo governo si insediasse. Peccato che duecento punti in più di spread ci costino 20 milioni al giorno, ovvero in due giorni lo spread si è mangiato tutto il risparmio di un anno di vitalizi. Tutto andrebbe bene se il livello dello spread si abbassasse immediatamente, ma purtroppo quello stronzo non accenna a ridursi, per cui un solo mese di spread a quota duecento punti sopra il precedente governo ci costa 15 anni di risparmi di vitalizi. E quelli festeggiano a spumante.
Ma che rapporto c’è tra i vitalizi e lo spread? Assolutamente nessun rapporto. È solo per capire che la lotta agli sprechi non coincide con la lotta ai vitalizi e che non occuparsi dello spread significa trasferire ingenti risorse dalle casse dello Stato alle tasche dei ricchi che hanno denaro in eccesso e comprano titoli di stato. Il rapporto tra spread e spumante invece lo ritroviamo in un altro avvenimento. Lo spread è schizzato in alto quando il governo ha annunciato di voler portare il deficit annuo al 2,4% e ha annunciato questa decisione con festeggiamenti e altro spumante in un balcone del palazzo del governo. Così aboliremo la povertà! Festa e spumante per tutti.Peccato che questo favoloso successo del governo abbia stabilmente portato lo spread a duecento punti sopra il precedente governo. Duecento punti di spread significano oltre sette miliardi di costo aggiuntivo del debito già nel primo anno solare. Ovvero 175 anni di risparmi di vitalizi.
Se il bilancio pubblico perde il suo equilibrio lo spread non scenderà, anzi potrebbe crescere ulteriormente. È già così ci costa sette miliardi all’anno, che diventano quattordici il secondo anno e alla via così sino al rinnovo in sei anni di tutti i titoli di stato. Ma al sesto anno la spesa per interessi ci costerà 46 miliardi in più di quanto già spendiamo. In sei anni avremmo destinato circa 150 miliardi di euro al costo aggiuntivo del debito. Alla faccia della lotta agli sprechi.
Ora una domanda ingenua.
Se per aumentare il debito pubblico di un misero 0,8%, cioè dal più tranquillo 1,6% al 2,4%, che significa spendere 13 miliardi di euro in più, questo fatto mette in moto un meccanismo che in prospettiva ci costerà diverse decine di miliardi di interessi sul debito, allora abbiamo abolito la povertà, oppure abbiamo sottratto soldi alla spesa sociale per destinarla alla finanza internazionale?
Purtroppo è vera la seconda che hai letto. Robin Hood alla rovescia. E quelli sul balcone stappano spumante e se la ridono! Chissà perché mi viene in mente il Titanic.
L’articolo è stato pubblicato inizialmente qui