La natura degli ETF e l’esuberanza dei mercati
Immagino di non essere l’unico ad aver notato che ultimamente siamo bombardati di notizie, articoli e opinioni sull’efficacia o meno degli exchange traded funds (o ETF) nell’aiutare gli investitori a raggiungere i loro obiettivi. Il dibattito si focalizza su due aspetti, uno certamente rilevante e l’altro decisamente meno.
Sulla questione se gli ETF o i fondi attivi siano il modo giusto d’implementare un programma d’investimento il dibattito è oramai imperniato su questioni di meccanica (vedi più sotto). Quasi nessun consulente finanziario oggi rischierebbe la pelle propinando portafogli con qualche decina di fondi attivi presi dagli scaffali elettronici della propria banca o SGR (nonostante occasionalmente continuo a vederne, addirittura con più di un fondo per settore). Sono due le domande sulle quali giustamente si discute ancora e si scambiano con intensità dati importanti: la prima è di quali “difetti” endogeni agli ETF bisogna preoccuparsi? e la seconda è come bilanciare un portafoglio tra veicoli attivi e passivi? Di pertinenza alla prima domanda sono la natura del metodo di replicazione degli indici (tutti i titoli dell’indice, solo alcuni titoli con particolari “affinità” all’indice, oppure attraverso l’uso di derivati), se ed in qual modo il gestore dell’ETF può dare in prestito i titoli, la liquidità dell’ETF in condizioni di mercato difficili (ma qui chi si salva a parte i Treasuries americani e forse i Bund tedeschi?), il tipo di esposizione al rischio legato all’indice sottostante (con i titoli pesati secondo la loro capitalizzazione oppure individualmente). La risposta alla seconda domanda è più semplice: partire unicamente con ETF (o fondi indicizzati), poi se per caso si trova il vero genio gli si da una parte del patrimonio in gestione.
Passando all’aspetto meno giustificabile, per ragioni che non ho ancora ben capito (forse dovute alla solita leggerezza con la quale alcuni giornalisti trattano la materia oppure ad una subdola ma efficacissima campagna pubblicitaria da parte dei gestori attivi, sempre con l’aiuto degli stessi giornalisti) si è cominciato ad attribuire ai veicoli indicizzati la “colpa” del perché i mercati continuano a salire indiscriminatamente. Si dice che tutto questo riflusso di soldi dai fondi attivi a quelli passivi sia il principale motore dei rialzi borsistici, dimenticandoci che se qualcuno vende qualcosa (il fondo attivo) e poi rimette i soldi nello stesso settore (il fondo passivo) in aggregato non cambia nulla. Oppure si pensa che, al momento dell’uscita, quando tutti vorranno vendere, la rissa sarà un caos totale, dimenticandoci che nella maggior parte dei casi la liquidità degli indici sottostanti è più che sufficiente (e comunque se la gente vuole vendere lo farà con o senza ETF). È vero che da qualche parte qualcosa pur esploderà come succede sempre nelle vere crisi, ma non è detto che debba aver nulla a che fare con gl’indicizzati o che questi siano da biasimare.
Mercati esuberanti o no, gli ETF restano dei veicoli estremamente utili nella gestione dei propri risparmi.
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