I Nuovi Mille e le solite, vecchie, notizie
Certe storie non finiscono mai, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Due anni fa, il 18 marzo 2011, con il presidente Napolitano inauguravo Stazione Futuro, una grande mostra sulla innovazione italiana che avevo curato per il comitato Italia150. Quel giorno per me è indimenticabile per molti motivi. Intanto perché a un certo punto cantammo l’inno con il coro delle voci bianche di Novara, un centinaio di ragazzini vestiti con la giubba rossa originale che avevo fatto riprodurre da un industriale di Biella. E questo momento lo videro in tanti, era in diretta tv sulla Rai, c’è ancora un video su YouTube dove con il presidente ci scambiamo commenti soddisfatti per quella bella giornata. Poche ore prima avevo anche avuto la certezza che la mia direzione di Wired era giunta al termine e che di lì a poco avrei passato il testimone ad un altro direttore. Un grande dispiacere personale, ma naturalmente non potevo condividerlo con nessuno visto che la notizia ufficialmente venne data qualche mese dopo. La terza cosa che accadde quel giorno è però stata probabilmente la più importante visti i risultati. Con l’amico Salvo Mizzi avevamo deciso di varare una edizione speciale di Working Capital per andare a caccia dei Nuovi Mille: mille innovatori per rifare l’Italia. Non era solo uno slogan, c’era un pensiero dentro. E il pensiero era, ed è ancora, che solo dall’innovazione può ripartire questo paese, solo da un atteggiamento culturale opposto a quello dominante, solo dalla apertura, dalla condivisione, dalla collaborazione, dal rischio e dal merito. Dal crearsi il lavoro che vogliamo invece di cercarlo. Dalla voglia di cambiare il mondo, come ripeto spesso.
Facemmo un gran bel giro d’Italia quell’anno, e iniziammo a raccogliere storie. Una più bella dell’altra. E le storie di innovazione, le storie che danno speranza, che rinforzano l’ottimismo, hanno questo di bello: che non finiscono mai. Ogni giorno, direi quasi ogni ora, scopri un ragazzo con un progetto, una idea, una startup che ti lasciano senza fiato. Ma davvero tu stai facendo questo?, gli diresti ogni volta quando te lo raccontano. Negli ultimi tre giorni per esempio, sono stato a presentare il mio libro a Roma, Bologna, Padova, Venezia e infine Marsala. E ogni volta è arrivato qualcuno con una storia meravigliosa mai sentita prima: un modo incredibile di produrre energia ma nel quale un grande gruppo energetico sta investendo un sacco di soldi e quindi tanto incredibile non deve essere; un progetto, concreto e realistico, per trasformare le torre costiere abbandonate in centri per innovatori e startupper, una grande fabbrica chiusa per la crisi dell’auto e rioccupata per farne un fablab, una palestra per inventori. Non finiscono mai, le storie. Anche se le ignoriamo, anche se, leggendo per esempio i giornali di oggi, ma anche di ieri, anche dell’altro ieri, sembra che nulla sia cambiato, che nulla stia cambiando. Ma davvero la notizia più importante del giorno è Berlusconi in piazza, o i fischi, o il partito dei giudici? Davvero non abbiamo altro e di meglio da dirci dopo vent’anni? Me lo chiedo sapendo bene quali sono le regole con cui sono fatti i giornali e i telegiornali, ci lavoro, ma con il dubbio fortissimo che quelle regole non valgano più, anzi che così noi giornalisti diventiamo complici dei gattopardi, di chi vuole che nulla cambi.
E con il gattopardo arriviamo in Sicilia, da dove sto tornando mentre scrivo. Vi dicevo dei giri immensi che a volte fanno certe storie: in questo strano, imprevedibile e imprevisto giro d’Italia che i lettori di “Cambiamo tutto!” stanno organizzando per me, sabato sera sono capitato a Marsala. E solo dopo aver accettato mi sono reso conto che avrei parlato lì l’11 maggio, ovvero nell’anniversario dello Sbarco dei Mille. E allora tutte le storie di questi due anni mi sono tornate in mente: Stazione Futuro, il presidente, gli innovatori di allora ma soprattutto quelli di oggi, che non sono diversi ma sono di più. Tanti di più in soli due anni. Molti di più di quello che chi comanda in questo paese pensa, molti di più di quello che noi stessi a volte speriamo. Siamo tanti. E allora quando sono arrivato a Marsala, ieri sera, ho messo su la clip dell’inno di Mameli con le voci bianche, ho indossato la giubba rossa che da due anni giaceva nel mio armadio, e ai marsalesi che mi ascoltavano ho detto: “I nuovi mille li abbiamo trovati. Sono tra voi”. Poi ho presentato loro Viviana, che gestisce tenacemente the Hub a Siracusa; Ugo che ha fondato Mosaicoon, una delle più belle startup d’Italia a Mondello, Palermo; Antonio e Peppe che hanno appena inaugurato un acceleratore WCap a Catania. E il sindaco, in prima fila, una bella signora giovane e molto elegante, era stupita e commossa e mi ha chiesto dove fossero i marsalesi: e una era lì, accanto a lei, una giovane startupper che aveva lasciato la carriera di avvocato per crearsi un altro lavoro. Una impresa innovativa che si occupa di rifiuti. Si sono conosciute, il sindaco e la startupper, finalmente, nascerà qualcosa di bello ne sono sicuro.
Sì, lo so che vi sembrerà incredibile, o ingenuo o velleitario: ma questo paese sta davvero cambiando. E un giorno, vedrete, questa notizia finirà persino sui giornali.