La scuola, i sogni e il video del ministero
Vorrei aggiungere qualche informazione e una considerazione al dibattito in corso sul video “Porta a scuola i tuoi sogni” che il ministro della Istruzione ha realizzato. Vorrei farlo perché l’idea di quella campagna è stata mia e perché ho avuto il grande privilegio di scriverne il testo assieme a Paolo Iabichino e Roberto Vecchioni. Vedo che infuria la polemica per il fatto che “lo spot” (ma non è uno spot, non stiamo vendendo saponette: è un video, una clip che ha un messaggio sociale), è stato girato in una scuola privata di Milano. Peggio, in una scuola tedesca.
Premetto che capisco e in qualche caso condivido lo scoramento, il nervosismo e perfino la rabbia che c’è nel mondo scolastico. Sono arrabbiato anche io entrando in certi istituti o leggendo le statistiche sugli edifici a rischio sismico. Nei mesi scorsi ho avuto la possibilità più volte di dire pubblicamente che la scuola italiana si è salvata e in qualche caso è addirittura entrata nel futuro non grazie ai politici e alla buona politica, ma nonostante i politici e la cattiva politica. E lo ha fatto sulle spalle di insegnanti, studenti, bidelli e famiglie che, quando hanno scelto di non lamentarsi e basta, si sono dimostrati eroici. Perché si sono rimboccati le maniche e hanno inventato delle soluzioni senza aspettare nessuno.
Capisco e condivido molto, quindi, ma ho l’impressione che in questa vicenda la legittima polemica politica si sovrapponga al video “Porta a scuola i tuoi sogni” deformando la realtà di una bella operazione.
“Porta a scuola i tuoi sogni” non è uno spot sulla scuola italiana: è un video sullo studio, sull’importanza dello studio. È un video che prova a trasmettere un unico, forte messaggio: anche se la nostra scuola non va, anche se non funziona, anche se in qualche caso cade letteralmente a pezzi, ricordiamoci che studiare è l’unica cosa che ci salva. L’unica che ci assicura un futuro possibile. Come cittadini e come paese. Può sembrare scontato ma in Italia in questi anni si è fatta largo la convinzione contraria. Sintetizzata benissimo da una battuta dell’ultimo film di Checco Zalone: “Tanto in Italia studiare non serve a un cazzo!”. Tutti a ridere. Mentre è vero esattamente il contrario. Anche se la scuola ci fa schifo, anche se i politici se ne infischiano. Studiare, imparare, inseguire una passione per la conoscenza, ci rende migliori. E ci offre gli strumenti per cambiare le cose. E avere una scuola migliore. Questo dice quel video.
Dopo di che poteva essere girato in un garage, in un ristorante o su un set cinematografico. È una clip, non è un documentario. Invita chi lo guarda a portare a scuola i propri sogni. E quella che si vede nelle immagini è una scuola da sognare. Dove tutti hanno un tablet per esempio: lo sappiamo che è vero in pochissimi casi, ma vorremmo che fosse così. Un sogno, appunto. Perché allora girarlo in una scuola tedesca? Per risparmiare: perché la produzione aveva bisogno di una location su Milano, aperta tutto il sabato e con la luce adatta a fare le riprese in un unico giorno. Sempre la produzione sostiene che i ragazzi sono studenti veri (ma anche quelli della scuola tedesca sono studenti veri, no?) mentre i banchi e le suppellettili vengono da una scuola pubblica milanese e sono serviti a costruire l’immagine finale. Una immagine non di una scuola particolare, ma di una scuola qualunque, come vorremmo che fosse.
Come costruirla? Come arrivarci? Intanto ascoltando chi a scuola ci vive: e infatti il ministro ha aperto un blog dove nei giorni scorsi sono state pubblicate decine di lettere di insegnanti e studenti che hanno raccontato benissimo lo stato tragico di molte scuole italiane. Ma leggendo quelle lettere, se avrete tempo e voglia, emerge fra le righe qualcosa di più forte della sterile rabbia. L’amore per la scuola, l’amore per lo studio.